La Xylella ha contagiato oltre 21 milioni di piante, causando una vera e propria strage di ulivi che ha lasciato un panorama spettrale, con oltre 8mila chilometri quadrati di territorio infettato, pari al 40% della regione Puglia.
Questo è emerso dal monitoraggio della Coldiretti sull’epidemia del batterio killer diffusi in occasione della giornata in difesa degli ulivi al Villaggio contadino di Bari, a dieci anni dall’arrivo della Xylella in Italia.
Gli agricoltori sono senza reddito da dieci anni, milioni di ulivi secchi, frantoi svenduti a pezzi in Grecia, Marocco e Tunisia e 5mila posti di lavoro persi nella filiera dell’olio extraversione di oliva e un trend che rischia di diventare irreversibile, se non si interviene con strumenti adegutati per affrontare il disastro colposo nel Salento e rilanciare la più grande fabbrica green italiana, la quale vantava ben 60 milioni di ulivi – dal Gargano al Capo di Leuca – prima dell’arrivo del batterio.
I danni causati dalla Xylella non riguardano solo la disponibilità di olio extravergine d’oliva Made in Italy, ma si allargano anche all’ambiente, economia e al turismo, con intere fasce di territorio ridotte a distese spettrali di alberi morti in un momento importante per la ripresa dell’economia nazionale.
Una situazione che pesa sulla produzione nazionale di olio extravergine di oliva, dato che in Puglia – cuore dell’olivicoltura italiana – si arriva quest’anno a un taglio del 40% delle produzioni a causa del batterio, dei cambiamenti climatici e della siccità.
A causa della Xylella sono andate persone 3 olive su 4 solo in provincia di Lecce, con il crollo del 75% della produzione di olio di oliva. In provincia di Taranto si registrano ulivi secchi a macchia di leopardo, con un calo della produzione del 15% in quelle aree.
In provincia di Brindisi la raccolta ha subito una riduzione generale del 20-25% a causa degli eventi atmosferici, con particolare riferimento al luogo periodo di mancanza di precipitazioni e temperature elevate che hanno stressato e indebolito gli oliveti con la continua avanzata della Xylella.
“La Xylella e i cambiamenti climatici – spiega Coldiretti – hanno bruciato quest’anno un potenziale pari al 30% della produzione nazionale di olio, crollata a circa 208 milioni di chili nella stagione 2022/23 contro i 329 milioni di chili della stagione precedente”.
Se l’espansione della zona infetta non venisse arrestata, l’impatto economico per l’Italia potrebbe crescere fino a 5,2 miliardi di euro, sulla base dello studio della prestigiosa rivista americana PNAS (Atti della Accademia Nazionale delle Scienze degli Stati Uniti d’America) sulla valutazione dell’impatto di Xylella sull’olivicoltura in Italia, Grecia e Spagna, realizzato da un team multinazionale di ricercatori guidato da economisti dell’Università di Wageningen (Olanda).
A tre anni dalla pubblicazione del Piano straordinario per la rigenerazione olivicola della Puglia da 300 milioni di euro, non è stata liquidata alcuna risorsa agli agricoltori per i reimpianti degli ulivi secchi che avrebbero consentito di ricominciare a lavorare e produrre.
Per espianti e reimpianti non è stato liquidato ancora un euro agli agricoltori a fronte di 8.133 domande singole e 26 domande collettive, le quali contenevano 880 richieste di adesione, per un valore di oltre 222 milioni di euro, rispetto a 40 milioni di euro disponibili a cui si sono aggiunti altri 20 milioni di euro dalla rimodulazione del Piano di rigenerazione.
Con una media di 20 chilometri all’anno nell’ultimo decennio la Xylella, il batterio killer arrivato dal centroamerica, ha devastato gli ulivi italiani, con un’area invasa da piante zombie che va dal Capo di Leuca a Gallipoli, nell’estremità meridionale della provincia di Lecce, fino alle porte di Bari fra Polignano, Monopoli e Castellana Grotte.
La Xylella viene diffusa da un insetto, la sputacchina, che inocula il batterio nei canali linfatici delle piante, prosciugandole dall’interno e uccidendole senza pietà.
Ogni sputacchina riesce a percorrere da sola fino a 400 metri, ma può restare attaccata a camion, moto e automobili coprendo decine di chilometri ogni anno come dimostra l’avanzata dell’epidemia in Puglia.
L’insetto si infetta con il batterio della Xylella fastidiosa prendendolo da piante già contaminate e per tutta la sua vita rimane un portatore attivo del contagio.
Dalla prima task force cinofila anti contagio ai droni per scovare dall’alto le piante malate, dagli innesti per salvare gli ulivi secolari alle ricerche di laboratorio per studiare le nuove varietà resistenti, fino alla caccia senza tregua alla sputacchina che diffonde la malattia.
La task force cinofila anti Xylella è composta da due jack russel, un pastore belga malinois, un segugio, un labrador retriever e uno springer spaniel inglese che stanno concludendo il loro addestramento per poi essere schierati anche in porti, aeroporti e vivai per scoprire attraverso l’olfatto, come avviene per i loro colleghi dell’antidroga, le piante infette da bloccare prima che arrivino dentro i confini nazionali o che vengano messe in commercio.
Però la rapidità di intervento sui focolai rappresenta un elemento strategico fondamentale per eliminare la diffusione della malattia, per questo è arrivato il primo tampone rapido anti Xylella, un dispositivo portatile per la diagnosi simultanea sia della presenza che della replicazione attiva del batterio in tessuti di pianta e insetti vettori, di modo da poter isolare subito l’ulivo infetto ed evitare che il cancro dei canali linfatici colpisca gli alberi circostanti.
E se a terra ci sono agricoltori, specialisti, scienziati, tamponi rapidi e task force cinofile, le forze aeree anti Xylella entrano in azione con il progetto di ricerca Redox (Remote Early Detection of Xylella), finanziato dal Ministero dello Sviluppo Economico e coordinato dal Distretto tecnologico aerospaziale (DTA), grazie al quale saranno elaborate immagini aeree, acquisite da droni con sensori iperspettrali e termici, delle piante infette per la identificazione precoce di focolai prima ancora della manifestazione dei sintomi.
L’obiettivo è studiare gli uliveti dall’alto e individuare i primi segnali della malattia che emergono con il diradamento e il rinsecchimento delle chiome che perdono il tradizionale colore verde per diventare di un sabbia smorto come se fossero coperte di ragnatele. I risultati raggiunti dal Progetto Redox consentiranno ad Unaprol e Coldiretti di essere in prima fila nella lotta alla Xylella, con la partecipazione ad altri progetti grazie alla partnership con il DTA ed il CNR.
“Occorre intervenire per salvare un patrimonio unico del Paese con 250 milioni di piante che tutelano l’ambiente e la biodiversità ma anche un sistema economico che vale oltre 3 miliardi di euro grazie al lavoro di un sistema di 400mila imprese tra aziende agricole, frantoi e industrie di trasformazione che producono un alimento importante per la salute che non deve mancare dalle tavole degli italiani” conclude il presidente della Coldiretti Ettore Prandini.
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