La procura tedesca di Essen ha autorizzato un regime di semilibertà per Harald Espenhahn e Gerald Priegnitz, i due manager della Thyssen ritenuti corresponsabili dell’incendio che il 6 dicembre 2007 causò la morte di 7 operai a Torino, per il quale sono stati condannati in Italia in via definitiva a 5 anni di carcere per omicidio e incendio colposo. Ne dà notizia Radio Colonia, trasmissione in lingua italiana dell’emittente tedesca Wdr, che cita la procuratrice Anette Milk: “È previsto che i due condannati scontino la pena con il cosiddetto ‘offener Vollzug‘”, afferma la procuratrice. “Il che significa che sono detenuti in un penitenziario, ma possono lasciarlo ogni giorno per andare a lavorare e devono tornare la sera”, spiega. Entro un mese dovrebbe partire per entrambi l’esecuzione della pena. I due manager tedeschi non faranno così un solo giorno di carcere pieno, ma potranno lavorare.
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Rosina Platì, mamma di una delle vittime del rogo della Thyssen a Torino nel 2007, ha attaccato le istituzioni dopo la notizia della semilibertà concessa ai due manager condannati. “Ci vergogniamo dell’Italia e della Germania, non possono zittirci”, ha detto. “Quando hanno concesso l’estradizione dovevano farsi assicurare che sarebbero andati in carcere. È l’ennesima presa in giro da parte di tutti”. Arrabbiata della decisione anche Laura Rodinò, sorella di un’altra delle sette vittime, che si è recata davanti al tribunale di Torino per incontrare, insieme a una delegazione di parenti, il procuratore generale Francesco Saluzzo. “Sono degli assassini e non meritavano di tornare liberi”, ha detto, “Qui davanti non dovrebbero esserci solo i giornalisti ma tutta la Regione, le istituzioni e soprattutto gli operai che sono vivi. Non ho visto nessuno. Se non basta quello che facciamo qui, andremo ancora a Roma”. E poi ancora: “Noi pensavamo di festeggiare, avevamo pure lo spumante pronto, la settimana scorsa eravamo tranquilli, ma abbiamo sempre detto che finché non sono dentro non canteremo vittoria e infatti non canteremo più vittoria. Guariniello ci ha fatto male, ho avuto una crisi dal procuratore, perché ha detto di essersi sentiti e che per loro questa è una pena. Ma che pena è? È l’ennesima presa in giro, l’ennesima coltellata al cuore”. Saluzzo ha così risposto ai giornalisti: “Verificherò con Guariniello se qualcosa è rimasto intentato. Lo devo ai familiari. Quello che possiamo fare però è solo una manifestazione di scontento alle autorità di governo e al Ministero della Giustizia, ma non servirà, perché la decisione è dei giudici di un altro Paese”.
“Sono basito”, è il commento di Antonio Boccuzzi, l’unico operaio sopravvissuto alla tragedia. “Devono ancora inventare un aggettivo per esprimere le sensazioni che sto provando ora. La notizia è inattesa quanto vergognosa”. Qualche giorno fa Boccuzzi aveva espresso fiducia riguardo al compimento dell’iter giudiziario dopo quasi 13 anni. “I due condannati sconterebbero soltanto 5 anni, meno di un terzo della pena originale, è però un passo in avanti rispetto a quello che avevamo fino a ieri. È difficile quantificare il valore della vita di chi la perde lavorando. Cinque anni sono un privilegio, un’ingiustizia, ma un’opportunità che offre il loro Paese. Forse però siamo finalmente arrivati a una fine. Sicuramente avremo un anniversario con qualcuno in carcere”. Nelle scorse ore, invece, l’arrivo della cattiva notizia.
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“Ringrazio queste mamme per la forza che hanno messo in una battaglia non solo loro ma di tutta la città. I fatti riaprono una ferita che non si può rimarginare”. Così Chiara Appendino, sindaca di Torino, dopo aver incontrato i familiari della tragedia della Thyssen. “Non è giustizia, noi siamo al loro fianco e cerchiamo di capire quale percorso compiere per non lasciarle sole. Chiederemo anche ad altre istituzioni di aiutarci, andremo insieme dal ministro Bonafede, che è molto sensibile al tema, già dalla prossima settimana. Il ministro ha già sentito le mamme ieri, faremo squadra insieme. Per me è importante dire che la battaglia non è finita”.
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