Più di un tampone su cinque è positivo: non accedeva da marzo 2020

Come capita tutti i giorni, anche oggi sono stati pubblicati gli ultimi dati relativi alla diffusione del Covid. Il bollettino di venerdì 7 gennaio 2022 riferisce che nelle ultime 24 ore in Italia sono stati registrati 108.304 nuovi casi di su 492.172 tamponi eseguiti. Il tasso di positività si attesta così esattamente al 22%. In sintesi: più di un tampone su cinque analizzati risulta positivo. Un dato che non si verificava nel nostro Paese da ben 22 mesi.

Era infatti il 22 marzo 2020, quando si registrava un picco di tasso di positività al 23%. All’epoca eravamo (ahinoi) nei primissimi giorni dell’esplosione della pandemia. E proprio in quel periodo, in pieno lockdown, andavano in onda le immagini delle bare di Bergamo che venivano trasportati dai mezzi militari. Dopo quasi due anni, con gran parte della popolazione vaccinata (anche con la terza dose) come è stato possibile tornare a quel dato non propriamente esaltante?

 Vaccini e terza dose: eppure un tampone su cinque è positivo. I motivi

Se i non vaccinati continuano a essere le persone più soggette al rischio contagio, in queste settimane stiamo assistendo a un’importante crescita delle infezioni tra i vaccinati con ciclo completo. Essenzialmente tutto questo dipende da un insieme di fattori e da condizioni specifiche. La variante Omicron, con le sue numerose mutazioni nella proteina Spike, ha accentuato un aspetto già noto con Delta. Ovvero che l’efficacia dei vaccini rispetto all’infezione cala col tempo, tendendo ad annullarsi dopo qualche mese. Per questo motivo si rende necessario un booster, in modo da stimolare nuovamente il sistema immunitario e garantire un parziale ripristino della protezione.

Alcuni studi hanno però mostrato che anche chi ha fatto tre dosi è coperto in misura minore dal contagio, perché Omicron “buca parzialmente” lo scudo offerto dai vaccini. In altre parole, il booster aumenta la protezione ma non garantisce una copertura totale dal rischio di contrarre il virus. Peraltro, le percentuali variano a seconda della tipologia di dosi e booster ricevute (secondo uno studio, triplo Pfizer è efficace al 58%, doppio Moderna più booster Pfizer al 73%, eccetera). Omicron ha insomma cambiato le carte in tavola ed è per questo che le case farmaceutiche stanno lavorando ad aggiornamenti specifici dei vaccini, che tengano conto delle caratteristiche della nuova variante.

Il tracciamento è completamente saltato

In tutto questo, c’è anche da considerare un altro aspetto che ha contribuito a far sì che oggi più di un tampone su cinque risulti positivo: il tracciamento è andato completamente in tilt. Il problema è legato soprattutto alla mancanza di personale a disposizione del servizio di contact tracing di alcune Asl. Lo sviluppo dei dati non riesce ad essere svolto come veniva fatto in precedenza. Con le quarantene che, per quanto preventive, consentivano di limitare al minimo la circolazione di soggetti a potenziale rischio di contagio.

Così quella “diga” rappresentata dal servizio che si occupava delle sorveglianze attive adesso non riesce ad essere efficace come in precedenza. È poi del tutto venuta meno l’attività di controllo sui positivi. I soggetti infetti vengono informati del divieto assoluto di uscire di casa e delle conseguenze penali nel violare la quarantena, ma poi nessuno li contatta o verifica il rispetto del confinamento domiciliare. Un anno e mezzo fa invece c’era stata una capillare attività di riscontro al rispetto delle prescrizioni.

Il flop dell’App Immuni

Senza dimenticare, infine, un ultimo aspetto non di scarso conto: il fallimento dell’App Immuni. L’Italia è stato il primo stato a dotarsi di un’applicazione per il tracciamento digitale dei contatti. La migliore, forse, mai uscita dalla nostra pubblica amministrazione. Tuttavia il nostro Paese è tra gli ultimi in Europa per i risultati ottenuti. Immuni era, ed è, solo un tassello in un sistema di salute pubblica che non ha mai creduto fino in fondo nelle potenzialità del tracciamento. Con il Ministero della Salute e le regioni impegnate a litigare su chi dovesse prevalere nella gestione della sanità. Dimenticandosi che, senza il caricamento dei codici, l’app sarebbe rimasta silenziosa. E, dati alla mano, così è stato, con la politicizzazione e la strumentalizzazione che hanno prevalso sulla necessità di creare un clima di fiducia intorno ai cittadini e all’applicazione.

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