Come anticipato ieri dai magistrati, sono arrivate le prime iscrizioni sul registro degli indagati per la strage di Brandizzo, costata la vita a cinque operai della ditta appaltatrice Si.Gi.Fer, falciati da un treno in transito sulla linea Milano-Torino mentre erano al lavoro sui binari nella notte tra mercoledì e giovedì scorsi.
Due le persone su cui indaga la Procura di Ivrea, titolare dell’inchiesta per disastro ferroviario colposo e omicidio colposo plurimo. Il primo indagato è Antonio Massa, “scorta ditta” di Rfi (il gestore della rete), ovvero l’addetto al controllo del cantiere che affiancava la squadra di operai e aveva il compito di comunicare il nulla osta (o il diniego) a iniziare i lavori sui binari.
È lui che parla al telefono, nell’ultima drammatica comunicazione prima del disastro, con il collega del centro di controllo di Chivasso incaricato di dare l’autorizzazione. La conversazione, ora agli atti dell’inchiesta, viene interrotta da un improvviso fragore. E poi si sentono le urla disperate degli operai. “Ho schiantato la vita di cinque persone”, dirà subito dopo lo l’incidente.
Secondo quanto riferito da La Stampa, durante l’interrogatorio il 46enne avrebbe detto che non si aspettava il passaggio del treno. “Pensavo fosse già passato, ne ero praticamente certo“, ha sostenuto, pur ammettendo di non averlo accertato con i propri occhi: “No, non l’ho visto direttamente“.
L’addetto di Rfi ha anche detto di essere stato lui ad anticipare verbalmente il permesso di aprire il cantiere ai cinque operai, ma non è stato in grado di mostrare l’autorizzazione scritta e controfirmata dal capo della sicurezza dell’azienda.
All luce delle dichiarazione rese, la posizione dell’uomo, che verrà sentito nuovamente dai magistrati, potrebbe aggravarsi. I pm infatti non escludono l’ipotesi del dolo eventuale, ovvero che Massa fosse consapevole del rischio a cui esponeva i colleghi e quindi lo avrebbe accettato.
L’altro indagato è Andrea Girardin Gibin, capocantiere della società di Borgo Vercelli che aveva in subappalto i lavori di manutenzione. A differenza dei cinque colleghi, il 53enne è riuscito a mettersi miracolosamente in salvo spostandosi sul secondo binario.
Secondo il racconto di una partente, l’uomo sopravvissuto al disastro ferroviario sarebbe molto provato. “Andrea è in stato di shock: da anni andava a lavorare insieme ai suoi compagni, e continua a ripetere i loro nomi. Forse l’istinto gli ha permesso di salvarsi, dato che appena ha visto la luce del treno si è buttato dall’altra parte”, ha detto la cognata del capocantiere, che si è chiuso nel riserbo nella sua casa di Borgo Vercelli.
Le indagini sono ancora nelle fasi iniziali ma già ora appaiono evidenti le “gravi” infrazioni sul fronte della sicurezza: “Dalle prime indagini emergono gravi violazioni della procedura di sicurezza al momento dell’incidente”, ha spiegato la procuratrice capo di Ivrea, Gabriella Viglione.
Sotto la lente dei magistrati c’è la stessa procedura di sicurezza: “Gli accertamenti proseguono per verificare esattamente se e quanto possa essere considerata sicura la procedura complessiva, anche quella che stava a monte” perché “quanto accaduto ha reso palese che il meccanismo di garanzia non era sufficiente a tutelare un lavoro così delicato in una sede pericolosa come quella dei binari ferroviari”.
Secondo i pm, “l’evento poteva essere evitato se la procedura fosse stata seguita regolarmente”. Al momento l’ipotesi più solida in mano agli inquirenti è che mancasse l’autorizzazione a lavorare “e questo benché ci fosse personale preposto a verificare”.
Le indagini, effettuate anche con l’ausilio delle telecamere di sorveglianza che hanno registrato il momento dell’impatto, spingono gli inquirenti a ritenere che l’incidente sarebbe potuto essere anche più grave. “Se avessero proceduto in questo lavoro e fosse passato il treno qualche minuto dopo, magari dopo la rimozione e dei binari, il treno avrebbe deragliato”.
Gli inquirenti hanno ascoltato anche i due macchinisti che erano nella cabina di guida del treno. Si tratta di Marcello Pugliese e Francesco Gioffrè, sentiti come persone informate sui fatti, dunque senza la presenza dei legali.
Secondo i primi accertamenti, a carico dei due non sono emersi profili di responsabilità. Il treno infatti sarebbe entrato nella stazione con il semaforo verde in assenza di comunicazioni circa la presenza degli operai sui binarie.
Intanto martedì prossimo è attesa l’audizione dei vertici di Ferrovie dello Stato e delle sigle sindacali presso la Commissione Trasporti della Camera.
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