“Se il Governo dovesse decidere di prorogare lo stato di emergenza, dovrebbe ammettere che il Green pass non era efficace. O il Green pass funziona e non c’è bisogno di prorogare lo stato di emergenza, o è il contrario. E qualcuno nel Governo forse deve rivedere la scelta sul Green pass“. Lo ha detto Giorgia Meloni, al termine dell’incontro a Palazzo Chigi con Mario Draghi. E inevitabilmente questo porta a riflettere sulle due misure e quanto incidano l’una sull’altra. Proviamo a fare chiarezza.
Del fatto che lo stato di emergenza possa durare almeno fino a marzo 2022 se ne sta discutendo da qualche giorno. “Lo stiamo valutando senza timore“, ha dichiarato il ministro della Salute, Roberto Speranza. “Tre mesi di proroga sono ragionevoli“, ha spiegato il sottosegretario Pierpaolo Sileri. Più nel dettaglio è andato l’altro sottosegretario, Angelo Costa. “Dobbiamo arrivare al 90% dei vaccinati. Servono prospettive, e quella è la soglia che ci permetterebbe di rimodulare il Green pass“, le sue parole. E proprio qui sembra concentrarsi il punto della questione.
Lo stato di emergenza, del resto, ha uno scopo ben preciso. Di fronte a una situazione in cui occorrono interventi normativi efficienti e rapidi (quando non addirittura immediati), le normali procedure tra potere legislativo (Parlamento) ed esecutivo (Governo) rischiano di creare ritardi nell’azione. Con conseguenze potenzialmente molto gravi. Tanto che la stessa modalità viene avviata, come noto, in presenza di calamità naturali o anche condizioni meteorologiche estreme. La pandemia da Covid continua ad essere una di queste, sebbene ora presenti una situazione generalmente meno grave. Ed è così anche grazie al Green pass.
Al contempo bisogna anche ricordare che lo stato di emergenza (soprattutto a livello nazionale) non può essere eterno. Il decreto legislativo 1/2008, ossia il Codice della Protezione civile, stabilisce infatti che “non può superare i 12 mesi, ed è prorogabile per non più di ulteriori 12 mesi“. Questo significa che il 31 gennaio 2022 dovrebbe concludersi in ogni caso. Resta però il fatto che una situazione come quella del Covid mai si era manifestata da quando la Protezione civile esiste (di fatto dal 1970, come Dipartimento vero e proprio dal 1992). Ma, soprattutto, la situazione si è evoluta.
All’interno del maxi-contenitore Covid, infatti, rientrano ormai diverse varianti del virus. Tanto che un eventuale nuovo stato di emergenza potrebbe scaturire proprio dall’esigenza di contrastare la pandemia nelle nuove forme in cui si sta manifestando. E che, per essere superata, necessita un livello di attenzione ancora molto alto da parte dello Stato da una parte e della cittadinanza dall’altro. Qui torna il discorso Green pass.
I due provvedimenti, infatti, percorrono linee parallele che solo in parte si intersecano. Il Green pass è un provvedimento che rientra nelle misure in atto per arginare la pandemia, ancora in corso e mai realmente arrestatasi. Lo stato di emergenza permetterebbe, in caso di nuove accelerazioni dei numeri, di intervenire subito e con la massima efficacia possibile. Senza i rischi di allungare i tempi che un passaggio parlamentare comporterebbe. Per dirla in maniera più semplice, il primo è “l’uovo oggi” e il secondo “la gallina domani“. Entrambi irrinunciabili, se si vuole responsabilmente affrontare una quotidianità sotto controllo, ma in cui il pericolo di nuove ospedalizzazioni di massa non è (ancora) del tutto scongiurato.
Lo dimostrano le parole del ministro della Salute della Germania, Jens Spahn, che solo qualche ora fa ha parlato di “pandemia dei non vaccinati” in territorio tedesco. E di numeri tornati severi anche a causa di una gestione meno capillare dei Green pass rispetto a quanto avviene in Italia. “A Roma, in occasione del G20, ho dovuto esibirlo più spesso in un giorno di quanto avviene qui in quattro settimane“, ha spiegato da Berlino. A riprova del fatto che, per non riprecipitare nell’incubo, una misura del genere continua a servire. E il fatto di prolungare lo stato di emergenza non c’entra, e resta un discorso a parte.
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