Social: stop all’uso per i minori di 15 anni, il disegno di legge

Stop ai social per minori di 15 anni senza autorizzazione genitoriale. Regole per baby influencer e tutela digitale

Il disegno di legge denominato “Disposizioni per la tutela dei minori nella dimensione digitale” rappresenta un passo significativo verso una maggiore regolamentazione dell’accesso ai social network da parte dei minori di 15 anni. La proposta vieta l’utilizzo delle piattaforme digitali ai minorenni, a meno che non vi sia un’esplicita e formale autorizzazione da parte dei genitori o dei tutori legali.

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Inoltre, introduce regole specifiche per i baby influencer, ovvero quei minori che, attraverso i loro profili sui social, generano redditi considerevoli grazie a collaborazioni e sponsorizzazioni. Tra le misure proposte c’è il divieto per i genitori di utilizzare i proventi generati dai figli, qualora superino i 10mila euro all’anno, salvo diversa disposizione del Tribunale per i minorenni.

La proposta ha ottenuto un ampio consenso trasversale in Parlamento, coinvolgendo quasi tutti i gruppi politici. Fanno eccezione Azione, Movimento 5 Stelle (M5S) e Alleanza Verdi e Sinistra (Avs), che comunque stanno lavorando a convergenze e hanno presentato testi simili in passato. Durante il convegno a Palazzo Madama, organizzato dalla senatrice Simona Malpezzi (Pd), è stato sottolineato come la questione dell’accesso dei minori ai social rappresenti una priorità, sia per le implicazioni sulla salute mentale che per la protezione dei dati personali.

Stop all’uso dei social per i minori di 15 anni, il disegno di legge
Stop all’uso dei social per i minori di 15 anni, il disegno di legge | Unsplash @Julian Christ – Newsby.it

 

Uno degli aspetti centrali del disegno di legge è la responsabilizzazione delle piattaforme digitali. Secondo la proposta, spetta alle aziende verificare l’età degli utenti e, se necessario, dimostrarlo. Qualsiasi contratto stipulato tra le piattaforme e i minori di 15 anni sarebbe dichiarato nullo, e le imprese che non rispettano le normative potrebbero essere soggette a sanzioni. Questo spostamento di responsabilità dalle famiglie alle piattaforme risponde alla necessità di affrontare un problema ormai sistemico, come evidenziato anche dai dati Istat, secondo cui i ragazzi tra i 16 e i 18 anni trascorrono in media 8 ore al giorno sui social network.

Durante il convegno, è stata presentata anche la petizione “Stop smartphone e social sotto i 16 e i 14 anni”, lanciata dal pedagogista Daniele Novara e dal medico psicoterapeuta Alberto Pellai. L’appello ha raccolto 50mila firme in pochi giorni, con l’obiettivo di raggiungere quota 100mila. Questo dato dimostra quanto il tema sia sentito, non solo a livello politico ma anche nella società civile.

La senatrice Lavinia Mennuni (FdI), prima firmataria del disegno di legge al Senato, ha sottolineato come il problema dell’utilizzo incontrollato dei social sia una questione globale. Ha citato esempi di regolamentazioni adottate in altri Paesi, come l’Australia, la Francia e le iniziative promosse dall’Unione Europea. Mennuni ha ricordato che, sebbene internet abbia portato innegabili benefici in termini di accesso alle informazioni, non è uno spazio sicuro per i bambini. “Così come in passato abbiamo regolamentato la televisione, oggi è nostro dovere intervenire sui social network. Questo disegno di legge ha trovato il sostegno di quasi tutto l’arco parlamentare, dimostrando che il tema supera le divisioni politiche”, ha dichiarato.

Un altro aspetto cruciale del dibattito è stato evidenziato dalla deputata Marianna Madia (Pd), prima firmataria del ddl alla Camera. Madia ha sottolineato come l’Unione Europea abbia già promosso studi sugli effetti negativi dei social sulla salute fisica e mentale dei minori, e ha evidenziato la necessità di un’azione coordinata tra i vari Paesi. “La scienza ha dimostrato che un uso prematuro e non regolamentato di internet può avere conseguenze gravi sulla salute dei bambini. Ma non possiamo lasciare tutto sulle spalle delle famiglie. È necessaria una collaborazione tra scuole, istituzioni, media e piattaforme digitali per affrontare il problema in modo efficace”, ha dichiarato.

Tra le soluzioni proposte dal disegno di legge, c’è l’obbligo per le piattaforme di adottare sistemi rigorosi per la verifica dell’età degli utenti. Attualmente, molte piattaforme si limitano a chiedere la data di nascita al momento della registrazione, un sistema facilmente aggirabile. Questa mancanza di controlli rende inapplicabile la normativa europea che vieta la profilazione dei consumi per i minori di 18 anni. “È gravissimo che questa normativa esista ma sia di fatto inattuabile. Con il nostro disegno di legge vogliamo garantire che le piattaforme siano responsabili della verifica dell’età, introducendo sanzioni per chi non rispetta le regole”, ha spiegato Madia.

Un contributo significativo al dibattito è arrivato anche dal leader di Azione, Carlo Calenda, che ha annunciato il suo sostegno al disegno di legge. Calenda ha sottolineato l’importanza di regolamentare il settore, paragonandolo all’introduzione delle norme per la sicurezza stradale. “Quando è stata inventata l’automobile, non c’erano regolamentazioni, e ci sono voluti molti incidenti per arrivare a norme adeguate. La stessa cosa vale per i social. Regolamentare non è solo legittimo, è necessario”, ha dichiarato. Tuttavia, Calenda ha proposto un approccio alternativo per la verifica dell’età, suggerendo di affidare il compito a un’agenzia terza, come l’Autorità per la Privacy, per garantire una maggiore tutela dei dati personali. Inoltre, ha rilanciato l’idea di vietare l’uso dello smartphone nelle scuole, evidenziando come sia necessario offrire ai ragazzi un ambiente scolastico libero dalle distrazioni digitali.

Anche Elena Sironi, senatrice del M5S, ha espresso il proprio sostegno al tema, sottolineando l’importanza di affrontare fenomeni correlati, come il baby influencer marketing e lo sharenting (la condivisione online di immagini dei figli da parte dei genitori). Sironi ha evidenziato come la legge arrivi spesso in ritardo rispetto ai fenomeni sociali, ma ha ribadito la necessità di intervenire. “I ragazzi, soprattutto durante l’adolescenza, tendono a ribellarsi ai divieti. Per questo, accanto a un divieto, dobbiamo offrire alternative. Sport, arte, attività culturali: dobbiamo riempire il vuoto lasciato dall’eccessivo utilizzo dei social”, ha spiegato.

Il disegno di legge punta anche a tutelare i baby influencer, una categoria in crescita, spesso sfruttata per generare profitti attraverso sponsorizzazioni e collaborazioni. La norma prevede che i proventi generati dai minori non possano essere utilizzati dai genitori, salvo casi specifici autorizzati dal Tribunale per i minorenni. Questa misura mira a proteggere i diritti economici dei bambini e a garantire che le attività online non compromettano la loro istruzione.

Nonostante alcune divergenze tra i partiti, il consenso generale attorno al disegno di legge evidenzia l’urgenza di affrontare una questione che coinvolge milioni di famiglie in Italia. Il provvedimento rappresenta un primo passo verso una regolamentazione più rigorosa, che tenga conto delle esigenze dei minori, ma anche delle sfide tecnologiche e sociali poste dal mondo digitale. L’obiettivo è creare un equilibrio tra protezione e libertà, garantendo che i giovani possano utilizzare la rete in modo sicuro e consapevole.

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