Quello di Roberto Cazzaniga è solamente l’ultimo nome di una lunga serie di vittime di truffe amorose online. Il fenomeno, crescente negli ultimi anni, viene sempre studiato meticolosamente da chi se ne approfitta.
Emiri, soldati, principi, seducenti modelli. Ma anche volti di gente comune. Nomi falsi con foto di uomini e donne (famosi o non) ignari di essere finiti nel catalogo web delle truffe romantiche. Scatti rubati e usati con altre identità per ripulire il conto in banca di chi è stato colpito dalla freccia telematica di un Cupido che infrange sogni dopo avere fatto innamorare. E poi, davanti al computer, decine e decine di cuori pronti a battere e pronti a tutto per storie che, però, non esistono. Impietosi i numeri. Poche (e tardive) le denunce. Almeno 15 alla settimana le segnalazioni di raggiri amorosi che arrivano all’Ufficio della polizia postale di Cinecittà, a Roma. Ma i numeri di chi chatta per trovare l’anima gemella, e invece viene truffato, sono più alti.
Frivoli naviganti del web in cerca di affinità elettive, purché digitali, e di amorose corrispondenze rigorosamente online, gli italiani (soprattutto anziani) giocano con i sentimenti in Rete e, fatalmente, perdono. Un’umanità sprovveduta e fragile, talvolta agiata, istruita ed egoriferita, che passa attraverso storie malinconiche per le quali ci si offre fiduciosi sui social e altri “motori” di incontri sentimentali. Tuttavia, dietro il romanticismo da tastiera, si nasconde spesso la sfiducia nelle relazioni di sempre, la fretta di surrogare sentimenti che, diversamente, richiederebbero tempo, investimenti, rischio. Si chatta per non esser feriti ma, invece, si finisce truffati.
Donna di 50 anni. Ecco il profilo della vittima perfetta. Ma il periodo di isolamento del lockdown ha fatto abbassare l’età di chi cade in trappola. Aumentando anche la percentuale degli uomini raggirati.
Ultimo in lista: Roberto Cazzaniga. Il pallavolista, alleggerito di 700mila euro via smartphone, era convinto per ben 15 anni di essere sentimentalmente legato a Maya, pseudonimo della famosa modella brasiliana Alessandra Ambrosio. Un raggiro architettato da un’amica e interrotto solo grazie all’intervento dei suoi compagni di squadra e della famiglia, che hanno deciso di rivolgersi alle Iene.
Tante e diverse le storie prima della sua. Come quella della 65enne di Torino, convinta di intrattenere una affettuosa corrispondenza di amorosi sensi con il vero principe Andrea d’Inghilterra. Al quale ha versato 10mila euro per ottenere una dispensa reale necessaria per poterlo incontrare. O la 75enne, anche lei piemontese, che ha pagato 3mila euro (e altri 24mila ne stava versando) per fare arrivare dalla Turchia all’Italia un sedicente vedovo. Il quale, per l’occasione, prometteva appassionati incontri. In questo caso fu la figlia a supplicare gli agenti della Postale a far presto e a intervenire.
Sono di 70mila euro totali i bonifici di una dentista padovana a un partner online che non esisteva. 17mila, invece, gli euro che una 44enne disoccupata di Potenza ha inviato a un presunto militare statunitense in difficoltà. E ancora: il professionista della comunicazione romano che, a 68 anni, si era fatto promettere una notte di intensa follia da un account su Facebook, teoricamente appartenente a una giovane militare di stanza in Afghanistan. Lei, la seduttrice virtuale, in procinto d’essere trasferita a Damasco ed ereditare 2 milioni di euro, necessitava di un piccolo finanziamento a suo dire. Accontentata. Il professionista ormai in pensione s’era convinto a inviarle 9mila e 800 euro con grande disappunto delle due figlie. La fatica è stata convincerlo a denunciare la soldatessa virtuale che lo aveva ammaliato.
Non finisce mai al primo bonifico. Si flirta via Internet più per solitudine che per sensualità, salvo pentirsi di fronte al dubbio che si tratti di un prezzolato ammiratore. Ma in molti non si rivolgono a Polizia e Carabinieri per vergogna e paura di essere giudicati. “I meccanismi di autodifesa impediscono di riconoscersi come vittime, meglio credere nella ‘storia virtuale’, negando a sé stessi di essere entrati in un tunnel lastricato da richieste di denaro”. Così Ivano Gabrielli, direttore del Centro anticrimine informatico della polizia postale. Insomma: la battaglia contro i truffatori seriali è tutta in salita.
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