Rivelazione di segreto d’ufficio, cos’è il reato per il quale è stato condannato Delmastro?

La condanna è avvenuta in seguito a un processo di primo grado durante il quale il sottosegretario è stato accusato di aver divulgato intercettazioni telefoniche riguardanti Alfredo Cospito

Il sottosegrerario alla Giustizia Andrea Delmastro Delle Vedove è stato condannato per rivelazione di segreto d'ufficio
Il sottosegrerario alla Giustizia Andrea Delmastro Delle Vedove | ANSA/GIUSEPPE LAMI – Newsby.it

Andrea Delmastro, attuale sottosegretario alla Giustizia e deputato di Fratelli d’Italia, è stato recentemente al centro di un’attenzione mediatica significativa dopo la sua condanna a otto mesi di carcere, con pena sospesa, per rivelazione di segreto d’ufficio. Questo caso giuridico ha sollevato interrogativi non solo sull’operato di Delmastro, ma anche sul contesto legale e politico in cui si è sviluppato, portando a riflessioni più ampie sul segreto d’ufficio e sulle sue implicazioni.

La condanna e l’accusa di rivelazione di segreto d’ufficio

La condanna è avvenuta in seguito a un processo di primo grado durante il quale Delmastro è stato accusato di aver divulgato intercettazioni telefoniche riguardanti Alfredo Cospito, un militante anarchico detenuto in regime di 41-bis, noto come “carcere duro”. La sentenza del tribunale di Roma ha previsto anche un’interdizione di un anno dai pubblici uffici, anch’essa sospesa. Tuttavia, l’accusa di rivelazione di segreto d’ufficio ha sollevato immediatamente il dibattito sull’interpretazione del dolo, con i pubblici ministeri Paolo Ielo e Rosalia Affinito che hanno concluso che Delmastro non avesse consapevolezza della segretezza delle conversazioni quando le ha rivelate.

Il contesto politico e le implicazioni

La rivelazione delle intercettazioni è avvenuta durante un intervento alla Camera da parte di Giovanni Donzelli, un altro deputato di Fratelli d’Italia, che ha citato le conversazioni tra Cospito e membri della criminalità organizzata. Tuttavia, la posizione di Donzelli, in quanto parlamentare, solleva interrogativi su come possa aver avuto accesso a tali informazioni riservate.

Donzelli ha indicato Delmastro come la fonte delle sue informazioni, essendo quest’ultimo sottosegretario alla Giustizia e in grado di accedere a dati sensibili grazie alla sua delega al Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria (DAP).

Normativa sulla rivelazione di segreto d’ufficio

Il segreto d’ufficio, come previsto dalla normativa italiana, è una disciplina rigorosa che impone ai dipendenti pubblici di mantenere riservate le informazioni di cui vengono a conoscenza nell’esercizio delle loro funzioni. Questa regola è stata stabilita dal Regio Decreto n. 2960/1923 e successivamente approfondita nell’articolo 15 del Decreto del Presidente della Repubblica n. 3/1957, con ulteriori modifiche introdotte dalla legge n. 241/1990.

L’articolo 28 della Legge 241/90 stabilisce chiaramente che:

  1. Un impiegato pubblico non può divulgare informazioni riguardanti provvedimenti o operazioni amministrative, sia in corso che concluse, a meno che non vi sia un diritto di accesso specificamente previsto;
  2. Questo divieto si applica a tutte le notizie apprese in virtù delle funzioni svolte. Si estende anche agli atti per i quali non è previsto un diritto di accesso, perché la rivelazione dei loro contenuti andrebbe a violare i diritti dei titolari degli stessi.

Per fare un esempio, con la sentenza 9409/2015 la Corte di Cassazione ha condannato alcuni operatori obitoriali per aver rivelato agli imprenditori di pompe funebri delle informazioni riguardanti i parenti di soggetti deceduti.

Il reato non sussiste quando la notizia è già di dominio pubblico e quando le informazioni sono rivelate a delle persone autorizzate o che ne erano già a conoscenza.

La rivelazione e l’utilizzazione dei segreti d’ufficio è un reato previsto dall’articolo 326 del codice penale, il quale stabilisce che “il pubblico ufficiale o la persona incaricata di un pubblico servizio, che, violando i doveri inerenti alle funzioni o al servizio, o comunque abusando della sua qualità, rivela notizie di ufficio, le quali debbono rimanere segrete, o ne agevole in qualsiasi modo la conoscenza, è punito con al reclusione da sei mesi a tre anni. Se l’agevolazione è soltanto colposa, si applica la reclusione fino a un anno”.

Il caso di Delmastro

Nel caso di Delmastro, la questione si complica ulteriormente a causa della sua posizione politica e dell’argomento sensibile coinvolto. La divulgazione di notizie relative a individui in tali situazioni non solo suscita un dibattito etico, ma può anche mettere in discussione la sicurezza e l’integrità del sistema penitenziario.

Le implicazioni legali della rivelazione di segreto d’ufficio sono evidenti. In base alla legge, chiunque violi il segreto può incorrere in sanzioni disciplinari che variano a seconda della gravità della violazione. Queste possono andare dalla semplice reprimenda alla sospensione, fino alla destituzione in caso di danni gravi allo Stato o agli enti pubblici.

La vicenda di Andrea Delmastro non solo mette in luce le questioni legali legate alla rivelazione di segreto d’ufficio, ma solleva anche interrogativi più ampi sul ruolo della politica, della giustizia e dell’etica nel contesto attuale. La sua condanna, pur sospesa, rappresenta un punto di riflessione sul rispetto delle norme da parte di chi è chiamato a rappresentare e proteggere gli interessi pubblici. In un clima politico già teso, la questione della trasparenza e della responsabilità assume un’importanza cruciale, segnalando la necessità di un costante vigilare sulla condotta dei pubblici ufficiali e sulla salvaguardia dei diritti dei cittadini.

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