È allarme rifiuti in Italia. Nell’arco dei prossimi tre anni si esaurirà infatti la capacità residua delle discariche nel nostro Paese. Il dato emerge dal policy paper presentato oggi al Forum di The European House-Ambrosetti di Cernobbio e realizzato in collaborazione con A2A. Il report integrale è consultabile qui.
Il quadro fornito dal documento è preoccupante. Secondo i ricercatori, per colmare il gap impiantistico del Belpaese nel settore dei rifiuti servirebbero investimenti pari a 4,5 miliardi di euro. I quali, però, potrebbero produrre un ritorno di 11,8 miliardi di indotto economico.
In più, se si dovessero realizzare nuovi impianti per il trattamento della frazione organica della spazzatura, i cittadini italiani potrebbero godere di un benefico economico complessivo di 550 milioni che ricadrebbe direttamente sull’imposta dei rifiuti, la Tari.
Infine, un corretto recupero energetico dei rifiuti (possibile solo grazie a strutture specializzate) eviterebbe l’emissione di 3,7 milioni di tonnellate di anidride carbonica. Per poter arrivare a questi risultati concreti, però, serve una netta inversione di rotta anche nel modo di pensare.
Attualmente, infatti, la tendenza più diffusa è quella del cosiddetto “Nimby” (Not in my back yard), che indica la preferenza dei cittadini a localizzare impianti in luoghi distanti dalla propria quotidianità. All’opposto troviamo invece l’ancora poco diffuso “Pimby” (Please in my back yard).
Per poter arrivare a questo obiettivo, però, bisogna “sfatare i falsi miti che bloccano la realizzazione delle infrastrutture”, ricordano A2A e The European House-Ambrosetti in una nota. Serve ad esempio stimolare il dibattito pubblico su determinati temi; ma anche “comprimere i tempi della burocrazia per avviare le opere necessarie, in particolare nel Centro-Sud Italia, sia ad oggi che in prospettiva”.
La situazione più grave, infatti, si registra proprio nelle regioni centro-meridionali. Lo stesso orizzonte temporale di tre anni per l’esaurimento della capacità residua delle discariche è dato da una media fra il Nord (4,5 anni) e il Sud (1,5 anni) del Paese.
Dai dati riportati nel report emerge che in Italia si conferiscono ogni anno 17,5 milioni di tonnellate di rifiuti fra urbani e speciali. Cifra che, per fare un paragone, corrisponde a 26 volte il volume del Duomo di Milano. Il nostro Paese, infine, è ancora molto distante dall’obiettivo del Circular Economy Action Plan europeo del 10% di conferimento dei rifiuti urbani in discarica entro il 2035. Nel 2019 era infatti del 20,9%.
“Il mondo intero sta consumando troppe risorse naturali, troppo velocemente, e parallelamente continua a produrre rifiuti. Ma mentre in Italia fa fatica ad affermarsi una visione di crescita impiantistica, altri Paesi accelerano sul riciclo e sviluppano impianti di recupero energetico”, commenta il presidente di A2A, Marco Patuano.
“Affinché l’Italia possa raggiungere i target fissati dall’Europa in ambito economia circolare è necessario investire fino a 4,5 miliardi di euro”, prosegue il n.1 di A2A. Investimenti necessari per finanziare “infrastrutture dedicate al trattamento dei rifiuti”. Per le quali, “non sarà difficile trovare finanziamenti privati”, conclude.
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