Prende il via oggi, sabato 11 settembre, la raccolta firme per il referendum sulla depenalizzazione dell’uso della cannabis. Il quesito è stato depositato presso la Corte di Cassazione lo scorso 7 settembre da un gruppo di esperti, giuristi e militanti, coordinati dalle associazioni Luca Coscioni, Meglio Legale, Forum Droghe Antigone e Società della Ragione. Alla proposta partecipano anche i rappresentati di tre partiti: Possibile, Radicali italiani e +Europa. La raccolta firme sarà una vera e propria corso il tempo, visto che dovrà essere completata entro e non oltre il 30 settembre. Solo con 500mila adesioni sarà possibile indire il referendum e raccoglierle in appena 20 giorni sarà un’impresa tutt’altro che facile.
Come partecipare alla raccolta firme
Chi desidera dare il proprio contributo potrà partecipare all’iniziativa sul sito www.referendumcannabis.it, tramite la firma digitale (come già avvenuto per il referendum sull’eutanasia legale). Il limite dei 20 giorni dipende dal fatto che, per legge, le firme possono essere raccolte soltanto dall’1 gennaio al 30 settembre dello stesso anno. L’annuncio del referendum segue di pochi giorni il via libera della Camera al testo base per depenalizzare la coltivazione della cannabis per uso personale.
L’appello dei promotori
I promotori della raccolta firme si sono appellati al Governo per chiedere che non ci siano discriminazioni sulla possibilità di consegnare le firme certificate entro il 30 ottobre, come previsto per gli altri referendum presentati in Cassazione prima del 15 giugno. “Quella della coltivazione, vendita e consumo di cannabis è una delle questioni sociali più importanti nel nostro Paese”, hanno dichiarato in una nota. Per loro quello della depenalizzazione dell’uso della cannabis è un tema che “attraversa la giustizia, la salute pubblica, la sicurezza, la possibilità di impresa, la ricerca scientifica, le libertà individuali e, soprattutto, la lotta alle mafie”.
I promotori hanno anche sottolineato che i consumatori di cannabis in Italia sono sei milioni e tra questi ci sono anche “moltissimi pazienti“. Quest’ultimi sono “spesso lasciati soli dallo stato nell’impossibilità di ricevere la terapia, nonostante la regolare prescrizione. Questi italiani hanno oggi due sole scelte: finanziare il mercato criminale nelle piazze di spaccio o coltivare cannabis a casa, rischiando fino a sei anni di carcere”. La nota si chiude parlando di “un dibattito che non può più essere rimandato e che deve essere affrontato con ogni strumento democratico”.