Dopo decenni di discussioni, rinvii e anche ironie il momento sembra finalmente e realmente giunto: il Ponte sullo Stretto di Messina si farà. O quantomeno è arrivato il via libera per la realizzazione della fatidica (e a tratti fantomatica) opera destinata a unire la Sicilia alla Calabria anche via terra e non solo via mare. Ma i problemi, nonostante questa storica novità, continuano a non mancare.
Ponte sullo Stretto di Messina: cosa è successo da venerdì
Già da venerdì scorso il Ponte sullo Stretto di Messina era tornato a infiammare i dibattiti locali. Nel corso di ‘Scirocco’, trasmissione di approfondimento giornalistico dell’emittente peloritana ‘RTP’, era infatti intervenuto Davide Faraone di Italia viva. “Vedrete, nei prossimi giorni ci saranno grandi sorprese“, aveva preannunciato. Il renziano, come sottolinea la ‘Gazzetta del Sud’, aveva lasciato intendere di avere notizie di prima mano non ancora rivelabili in pubblico.
Nel frattempo è stata ‘Repubblica’ a fare un punto sulla situazione. La commissione tecnica che istituì l’ex ministra delle Infrastrutture Paola De Micheli (e che il suo successore Enrico Giovannini ha confermato) si è infatti espressa sull’annosa questione del Ponte sullo Stretto di Messina. E ha non solo dato il via libera a un collegamento stabile tra i due lembi di terra, ma ha anche dato indicazione favorevole a due progetti.
Il lavoro della commissione e il nodo finanziamenti
La commissione incaricata di occuparsi del Ponte sullo Stretto di Messina ha lavorato per ben otto mesi. Il risultato sono 200 pagine di materiale, comprensive di 50 grafici e 50 tabelle. Importante anche un aspetto tecnico: il Governo starebbe ragionando su un ponte a tre campate. La struttura, lunga 3,2 km, unirebbe Messina con Villa San Giovanni. Resiste anche il progetto di una struttura a campata unica, già oggetto di una precedente gara d’appalto vinta dal Consorzio Eurolink. Tale progetto fu però fermato dall’allora premier Mario Monti, con tanto di contenzioso da 700 milioni di euro.
L’altro grosso problema, già noto però al Governo, è che il Ponte sullo Stretto di Messina non sarà finanziabile con i soldi del Recovery Fund. L’opera non rientra infatti nel Pnrr, non per i classici “ritardi all’italiana“, ma per un motivo molto più chiaro e valido. A spiegarlo è stato il ministro Giovannini: “Le regole del Pnrr impongono che i lotti sovvenzionati dall’Unione europea siano già in esercizio e fruibili entro il 2026. In questo caso non sarebbe possibile ultimare i lavori entro quella data, che non è negoziabile“. Le sovvenzioni potrebbero dunque arrivare tramite il project financing: una concessione a privati che rientrerebbero nei costi dell’investimento tramite i pedaggi.