La Procura di Genova ha chiuso le indagini per il crollo del Ponte Morandi, il viadotto autostradale della A10 collassato il 14 agosto 2018 causando la morte di 43 persone. In queste ore la guardia di finanza sta notificando gli avvisi agli indagati. Lo spiega l’Ansa.
L’inchiesta della Procura di Genova
L’inchiesta sul crollo del Ponte Morandi è durata ben tre anni, durante i quali sono stati eseguiti due incidenti probatori. Il primo riguardò lo stato di salute del viadotto e il secondo le cause vere e proprie del crollo. Sono in particolare le perizie ordinate dalla Procura a inchiodare alle responsabilità gli imputati.
“C’è stata un’incosciente dilazione dei tempi rispetto alle decisioni da assumere ai fini della sicurezza. E ciò nonostante si fosse a conoscenza della gravità e della contemporanea evoluzione degli stati di ammaloramento del viadotto“, si legge infatti negli atti. In particolare risulta che per decenni il Ponte Morandi non sia stato oggetto di manutenzioni. “Nonostante numerosi segni premonitori, nessuno ha preso decisioni per la messa in sicurezza degli stralli, le parti più critiche del viadotto. Per 50 anni i cavi della pila collassata non sono stati oggetto di alcun sostanziale intervento di manutenzione“, è un altro passaggio della documentazione.
Ponte Morandi: dall’inaugurazione al crollo
I pm ricordano come il Ponte Morandi sia stato inaugurato nel 1967. Secondo i dati a loro disposizione, da allora “non è mai stato eseguito il benché minimo intervento manutentivo di rinforzo sugli stralli della pila 9“. Proprio quello che diede inizio al tragico crollo della struttura.
“C’era un diffuso stato di corrosione delle armature. Il grave ammaloramento delle parti più critiche è la più probabile causa di innesco del crollo. Il primo elemento a cadere è lo strallo della pila 9. Tra il cedimento iniziale e la caduta a terra dell’ultimo elemento intercorrono 14 secondi“, ha infatti aggiunto la procura di Genova. Le indagini dei pubblici ministeri Massimo Terrile e Walter Cotugno, insieme all’aggiunto Paolo D’Ovidio, hanno riguardato 71 persone più le due società Aspi e Spea (la controllata che si occupava della manutenzioni) tra ex vertici e tecnici delle aziende, ex e attuali dirigenti e tecnici del ministero delle Infrastrutture e del provveditorato.