Fu Karol Wojtyla ad attribuire al Policlinico Gemelli questa definizione. Nel corso della sua vita, il pontefice venne ricoverato undici volte nel nosocomio
Il ricovero di Papa Francesco, dovuto a una polmonite bilaterale, ha riacceso i riflettori sull’importanza del Policlinico Gemelli nella vita di Jorge Mario Bergoglio e dei suoi predecessori. Quello tra il Policlinico Gemelli di Roma e i Pontefici è un rapporto che nel corso degli anni è diventato sempre più stretto. Tutto iniziò il 5 novembre del 1961, quando Papa Giovanni XXIII inaugurò il nosocomio. Parlando in latino, Angelo Giuseppe Roncalli elogiò la nuova facoltà di Medicina e Chirurgia e le augurò di crescere e “fiorire”. In quel momento il Santo Padre non poteva sapere quanto sarebbe diventato forte il legame tra quell’ospedale e uno dei suoi successori, Giovanni Paolo II.
Nel corso della sua vita Karol Wojtyla venne ricoverato al Policlinico Gemelli 11 volte. In alcune occasioni arrivò persino a celebrare degli Angelus dalla finestra della sua stanza al decimo piano. Fu proprio durante uno di questi discorsi che il Pontefice definì l’ospedale come il “Terzo Vaticano”. “Il primo vaticano è San Pietro”, spiegò Giovanni Paolo II, parlando ai fedeli che, preoccupati per le sue condizioni, si erano riuniti fuori dal nosocomio.
“Il secondo è Castel Gandolfo e il terzo, ormai, è questo policlinico”. È interessante notare come in quell’occasione il Santo Padre menzionò Castel Gandolfo ma non il palazzo del Laterano, che per molti secoli fu la residenza ufficiale dei Pontefici.
Il ricovero più famoso di Papa Giovanni Paolo II presso il Policlinico Gemelli fu anche quello più drammatico. In seguito all’attentato in cui fu colpito all’addome e a una mano da due proiettili, Wojtyla venne portato all’ospedale. Qui i medici riuscirono a salvarlo al termine di un intervento durato cinque ore e mezza.
Nel 2005 Giovanni Paolo II trascorse il periodo precedente alla sua morte ricoverato presso il Policlinico Gemelli. Il Papa aveva il morbo di Parkinson, i cui primi sintomi si manifestarono alla fine del 1991, al quale si erano aggiunti, nel corso del tempo, vari problemi osteoarticolari, tra cui un’artrosi acuta al ginocchio destro, che a partire dal 2002 gli rese difficoltoso deambulare e stare in piedi a lungo. Ciò lo portò ad affidarsi prima a una pedana mobile e poi a una sedia a rotelle. Nonostante questi limiti, fino all’ultimo fece il possibile per mantenere intatto il legame con i fedeli.
Anche se nessun altro Papa ha avuto un legame con il Policlinico Gemelli stretto come quello di Wojtyla, negli ultimi decenni non sono mancati altri punti di contatto tra la Santa Sede e l’ospedale. Nel 1976, Paolo VI celebrò una messa sul piazzale di fronte all’ingresso di quella che lui stesso definì “una cittadella di studi e di scienza”. Nel 2005, Benedetto XVI, da poco diventato Papa, inaugurò l’anno accademico, dimostrando ancora una volta l’esistenza di un solido rapporto tra il Vaticano e l’ospedale universitario. 20 anni dopo, questo legame è più vivo che mai, come dimostra la scelta di Papa Francesco di programmare un’operazione al colon proprio al Policlinico Gemelli nel 2021 e di tornarci nel 2023 per affrontare un intervenuto chirurgico per un laparocele incancrenito. Anche di recente il Pontefice ha scelto di ricoverarsi presso il nosocomio per curare la polmonite bilaterale che nei giorni precedenti lo aveva costretto a interrompere una omelia a causa del fiato corto.
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