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“Apriamo le terapie intensive degli ospedali alle visite dei parenti. Non si può più pensare che i pazienti possano essere lasciati soli nei momenti di sofferenza, senza un volto caro vicino“, dice lanciando un appello Mirko Damasco, presidente dell’associazione ‘Salvagente Italia‘.
Il tema riguarda quindi le conseguenze psicologiche che devono affrontare i malati di Coronavirus che oltre al dramma medico devono vivere la distanza dagli affetti. “Ormai siamo a un anno di distanza dall’inizio della pandemia e alcuni ospedali ci stanno dimostrando che si possono avere delle visite da parte dei parenti. Ovviamente con regole precise, ma si può. E siccome è un diritto e fa parte della cura, abbiamo deciso di sollevare questo problema“, prosegue Damasco nell’introdurre la questione.
“La nostra petizione ha già raggiunto il suo obiettivo: sollevare un problema. Non è giusto che chi è ricoverato in ospedale non possa vedere i propri cari. I parenti sono parte della cura e con regole ferree si può fare – aggiunge il presidente di ‘Salvagente Italia’ –. Abbiamo raccolto testimonianze agghiaccianti e questa esperienza i parenti se la porteranno dietro per tutta la vita. Molti ci stanno scrivendo dandoci ragione“.
“Il tema, che ci sta molto a cuore, è quello di una grandissima sofferenza – spiega chiaramente Damasco –. Perché c’è un duplice aspetto, il primo dei quali è quello dei pazienti. Che hanno bisogno di medici, infermieri e tutto il personale sanitario, ma dal punto di vista umano chi vorrebbero accanto sono coloro che amano, ossia i parenti. E sia chiaro, questo non è un attacco a qualcuno. Ma una riflessione su qualcosa che forse oggi si può fare in modo diverso. Anche se questo comporta uno sforzo organizzativo certamente importante“.
Quindi la precisazione sull’equilibrio che cautela sanitaria e apertura alle famiglie debbano comportare: “Il Covid è importante, ma bisogna tenere in considerazione anche i danni collaterali che questo fenomeno sta provocando. E soprattutto il fatto che molti medici ci confermano che i parenti possono sì essere veicolo di diffusione, ma la grande diffusione è data da altro. Poi sicuramente farli entrare è un ulteriore rischio. Su questo non c’è dubbio. Ma chi ci lavora dentro ci dice che con le opportune verifiche e gli accorgimenti del caso, questo rischio viene minimizzato“.
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