Nunzio apostolico a Kiev dopo le parole del Papa sull’Ucraina
La Sala Stampa Vaticana si affanna a correggere il tiro di parole chiare pronunciate da Papa Francesco, il quale osserva la sconfitta di Kiev. Richiesto il nunzio apostolico
Non hanno intenzione di placarsi le polemiche dopo le dichiarazioni di Papa Francesco nelle quali il Pontefice ha chiesto all’Ucraina di alzare bandiera bianca e favorire i negoziati di pace con la Russia.
Dichiarazioni che non avevano l’intento di invocare la resa delle truppe di Kiev, come precisato dallo stesso Bergoglio durante l’intervista alla Radiotelevisione svizzera, ma di chiedere al presidente Volodymyr Zelenskydi cambiare impostazione e mettere diplomazia e pace al centro della sua strategia.
Kiev chiama il nunzio apostolico, linea dura di USA e Germania contro le parole del Pontefice
Ma al pontefice arrivano numerose repliche dai leader mondiali, USA e Germania in testa, mentre Kiev si è mossa con la convocazione del nunzio apostolico in Ucraina.
Un funzionario del Consiglio per la sicurezza nazionale Usa ha spiegato che il presidente Joe Biden “ha grande rispetto” per Papa Francesco e “si unisce a lui nelle preghiere per la pace in Ucraina che potrebbe essere raggiunta se la Russia decidesse di mettere fine a questa guerra ingiusta e non provocata e ritirasse le sue truppe dal territorio sovrano dell’Ucraina”.
Ma, ha sottolineato, “sfortunatamente continuiamo a non vedere alcun segno che Mosca voglia mettere fine a questa guerra e per questo siamo impegnati a sostenere Kiev nella sua difesa contro l’aggressione russa”.
Ancora più diretto il cancelliere tedesco Olaf Scholzche ha affermato di non essere d’accordo con le affermazioni di Bergoglio: “La posizione della Germania è molto chiara – ha detto – Kiev ha il diritto di difendersi e può contare sul nostro sostegno in tal senso, con molte opzioni”, ha premesso Scholz parlando a Berlino e rispondendo in una conferenza stampa alla domanda su come reagisce alle affermazioni del Papa.“Siamo in prima linea per quanto riguarda la portata e la qualità delle forniture di armi che diamo – ha aggiunto – Questo è anche giusto ed è per questo che, naturalmente, non sono d’accordo con la posizione citata”.
Nelle ore precedenti aveva parlato anche la sua ministra degli Esteri, Annalena Baerbock: l’esponente del governo Scholz in quota Verdi ha affermato di non capire la posizione del Pontefice: “Non lo capisco. Credo che alcune cose si possano capire solo vedendole di persona”, ha detto durante un suo intervento in un talk show dell’emittente tedesca Ard ricordando i viaggi delle cancellerie europee nel Paese invaso da Vladimir Putin e raccontando che quando parla con i bambini ucraini colpiti dalla guerra si chiede: “Dov’è il Papa? Il Papa deve sapere queste cose”.
La capa della diplomazia di Berlino ha poi aggiunto che il governo tedesco cerca “ogni giorno di porre fine a questo terribile dramma e vediamo ogni giorno che si stanno escogitando cose ancora peggiori”.
Intanto si è mossa ufficialmente anche l’Ucraina: il ministero degli Esteri di Kiev ha convocato il nunzio apostolico nella capitale, Visvaldas Kulbokas, informandolo che l’Ucraina “è rimasta delusa dalle parole del Pontefice sulla bandiera bianca e sulla necessità di ‘mostrare coraggio e negoziare con l’aggressore”, si legge nella nota, “il ministero degli Affari esteri ha osservato che, invece di appelli che legalizzano il diritto dei forti e li incoraggiano a ignorare ulteriormente il diritto internazionale, il capo della Santa Sede avrebbe dovuto inviare segnali alla comunità internazionale sulla necessità di unire immediatamente le forze per assicurare la vittoria del bene sul male, oltre a fare appello all’aggressore, non alla vittima”.
“Il cuore del Papa è addolorato da tante vittime della guerra in Ucraina. È necessario cercare le vie della pace e per prima cosa la Russia dovrebbe smettere di uccidere“, queste sono le parole del Monsignor Visvaldas Kulbokas, nunzio apostolico in Ucraina che contestualizza l’affermazione del Papa, “Si tratta di questioni molto serie, non andrebbero affrontate con domande episodiche” conclude l’arcivescovo lituano.
Lo stesso Visvaldas Kulbokas, in un’intervista di febbraio scorso su Vatican News, alla domanda Lei vede qualche spiraglio per una possibile soluzione diplomatica che ponga fine al conflitto in corso, rispose: “Sarei felice di sbagliare, ma oggi come oggi personalmente non intravedo spiragli. Ma con la grazia di Dio tutto può cambiare in un attimo, perciò la nostra fiducia nel Signore misericordioso, quando preghiamo, deve essere la più piena possibile. In ogni caso c’è da evidenziare che i tentativi più insistenti in questo ambito provengono da quella categoria di Paesi e di organizzazioni internazionali che non si identificano pienamente con nessuno degli schieramenti”.
Mentre, alla domanda Quali notizie ha di come si vive nelle zone dove infuria il conflitto, Kulbokas ha risposto: “Chi vive nelle città a ridosso del fronte, come Kherson, e anche Kharkiv, è abituato a guardare direttamente negli occhi alla morte. In questo senso, Kyiv è in una situazione più favorevole, perché gli attacchi di missili e droni non avvengono tutti i giorni e in più ha il “privilegio” di un sistema di protezione antiaerea più robusto. Avere un momento di riposo, anche a giorni alterni, è una grazia. Ma più vicino al fronte, la gente passa il minimo tempo indispensabile per strada, per andare in chiesa, ricevere i viveri e altre esigenze urgenti. A un sacerdote cattolico di Kherson ho chiesto alcuni giorni fa: “Che cosa ti manca di più?”. Mi ha risposto: “Mi manca avere almeno alcune ore di silenzio, per passeggiare con calma e per dormire”.
Il nunzio apostolico è il termine ecclesiastico per indicare l’ambasciatore vaticano presso un altro Stato che negozia concordati o altre convenzioni e raccoglie i pareri dei vescovi su varie questioni.
Questo legato pontificio ha anche funzioni di collegamento tra il Papa e la Chiesa locale: informa la sede apostolica delle condizioni di quel paese, aiuta i vescovi nel rispetto delle loro potestà, tiene i rapporti con la Conferenza episcopale, esercita le facoltà e compie i mandati ricevuti dalla Sede apostolica. Qualche volta è chiamato pure Nunzio pontificio o papale.
Nel dibattito è intervenuta anche la Russia, questa volta con il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov, secondo cui l’appello del Papa “è abbastanza comprensibile”, ma Kiev continua a rifiutare tale ipotesi: “In generale – ha detto Peskov – l’idea che il Papa ha affermato, ovviamente, è abbastanza comprensibile. Si è espresso a favore dei negoziati. Sapete che il nostro presidente ha ripetutamente parlato della nostra disponibilità e apertura a risolvere i nostri problemi attraverso i negoziati. E questo è preferibile”.
Tuttavia, ha aggiunto, “sfortunatamente, sia le dichiarazioni del Papa che le ripetute dichiarazioni delle altre parti, compresa la nostra, sono state recentemente accolte con un rifiuto assolutamente severo da parte del regime di Kiev e non consentono la possibilità di condurre alcun negoziato”.
Il portavoce del Cremlino, comunque, ha detto di ritenere che nelle dichiarazioni del pontefice “c’era un contesto più ampio” rispetto a quello di un invito a Kiev ad alzare “bandiera bianca”.
Giulia De Sanctis
Laureata in Comunicazione e Valorizzazione del Patrimonio Artistico Contemporaneo, collaboro attivamente con riviste e testate web del settore culturale, enogastronomico, tempo libero e attualità.
La capa della diplomazia di Berlino ha poi aggiunto che il governo tedesco cerca “ogni giorno di porre fine a questo terribile dramma e vediamo ogni giorno che si stanno escogitando cose ancora peggiori”.
Intanto si è mossa ufficialmente anche l’Ucraina: il ministero degli Esteri di Kiev ha convocato il nunzio apostolico nella capitale, Visvaldas Kulbokas, informandolo che l’Ucraina “è rimasta delusa dalle parole del Pontefice sulla bandiera bianca e sulla necessità di ‘mostrare coraggio e negoziare con l’aggressore”, si legge nella nota, “il ministero degli Affari esteri ha osservato che, invece di appelli che legalizzano il diritto dei forti e li incoraggiano a ignorare ulteriormente il diritto internazionale, il capo della Santa Sede avrebbe dovuto inviare segnali alla comunità internazionale sulla necessità di unire immediatamente le forze per assicurare la vittoria del bene sul male, oltre a fare appello all’aggressore, non alla vittima”.