Un direttore artistico e l’amministratrice di un locale della città di Orenburg, in Russia, sono stati sottoposti a custodia cautelare perché sospettati di essere membri di una “organizzazione estremista”
Alexander Klimov e Diana Kamilyanova, rispettivamente direttore artistico e amministratrice di un locale LGBTQ+ della città di Orenburg, nel sud ovest della Russia, sono stati arrestati con l’accusa di essere membri di una “organizzazione estremista”. Se riconosciuti colpevoli rischiano fino a dieci anni di carcere.
Si tratta dei primi arresti per questo reato da quando, a novembre del 2023, la Corte Suprema russa vietò ogni attività di quello che ha definito “movimento pubblico internazionale LGBT”, una definizione molto vaga che in realtà non indica nessuna specifica organizzazione.
All’inizio di febbraio due persone erano state condannate sulla base di questa norma, ma solo con sanzioni amministrative. Gli arresti di Klimov e Kamilyanova seguono una perquisizione fatta dalla polizia a inizio marzo nel locale in cui lavoravano, il Pose.
Gli agenti erano accompagnati da alcuni membri di un gruppo nazionalista locale chiamato “Comunità russa”, che in un post pubblicato su Facebook hanno detto di aver trovato vari oggetti considerati sospetti tra cui cinque parrucche femminili e un costume scenico da donna.
Il tribunale ha detto che i due dipendenti del Pose “hanno agito in modo premeditato con un gruppo di persone […] che sostengono anche le opinioni e le attività dell’associazione pubblica internazionale LGBT”. Klimov e Kamilyanova resteranno in detenzione preventiva in carcere almeno fino al 18 maggio.
La decisione della Corte Suprema di vietare di fatto l’attivismo LGBTQ+ è stato il più drastico provvedimento preso dalla Russia contro le rivendicazioni dei diritti delle persone gay, lesbiche, bisessuali, trans, queer, intersessuali, asessuali e di quelle che non si riconoscono nei ruoli di genere tradizionalmente intesi.
In passato il governo russo aveva usato la definizione di movimento estremista come strumento per perseguire in maniera pretestuosa le organizzazioni che si occupano di diritti umani, i media indipendenti e gli oppositori politici, tra cui tre degli avvocati del dissidente russo Alexei Navalny.
L’ultima udienza relativa a questa causa si è tenuta a porte chiuse, anche se è stata ammessa la presenza di giornalisti in aula per ascoltare la decisione. La Corte ha detto che non era presente nessuno della “parte della difesa”.
Gli attivisti per i diritti delle persone LGBTQ+ sostengono che l’espressione “movimento pubblico internazionale LGBT” indichi un’organizzazione inesistente, visto che i movimenti per le rivendicazioni dei diritti della comunità sono molti.
Ma proprio per il fatto che la definizione è assai vaga, questo permetterà alle autorità russe di reprimere in generale le iniziative delle comunità LGBTQ+, ha spiegato all’Associated Press l’avvocato per i diritti umani Max Olenichev, che collabora con gli attivisti nel paese.
La causa intentata dal ministero della Giustizia russo è l’ultimo di una serie di provvedimenti presi dal governo russo per reprimere i diritti della comunità LGBTQ+ da quando il presidente Vladimir Putin ha reso la difesa dei cosiddetti “valori tradizionali” uno degli aspetti più importanti della sua politica.
Ad esempio, quest’estate il parlamento russo ha approvato una legge che vieta le operazioni chirurgiche per cambiare genere e la modifica del nome e del genere sui documenti.
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