La crisi energetica che sta colpendo duramente l’Europa miete una vittima di lusso. Si tratta delle vetrerie di Murano, devastate dal rincaro dei prezzi del gas naturale in un’emergenza che ha attirato l’attenzione nientemeno che dell’autorevole ‘Washington Post’.
Nel mese di dicembre, delle vetrerie di Murano, solo due erano ancora accese. Ben diciotto, infatti, erano inattivi, freddi e vuoti. “Nessuno qui ricorda un dicembre così in sordina“, ha spiegato al ‘Washington Post’ Cristiano Ferro, 52 anni, uno dei proprietari della Effetre. Si tratta della conseguenza dell’aumento del 400% delle bollette del gas naturale. Ossia la fonte di energia indispensabile per produrre i manufatti che il mondo intero ci invidia. Ma che ormai sono un lusso anche per i loro creatori.
“Dopo due anni trascorsi a setacciare i dati spaventosi del Covid, ora stiamo facendo lo stesso con i prezzi del gas naturale. E mentre la curva sale, in bilico ci sono la vita e la morte di Murano“, ha aggiunto nell’inchiesta Andrea Della Valentina, dello stabilimento Seguso Gianni. E per Murano l’incubo continua, dopo l’alluvione del 2019 e gli effetti della pandemia.
Attualmente lo stop della Effetre è solo momentaneo, ma c’è chi ha chiuso e teme di non avere modo di riaprire mai più. I vetrai di Murano hanno spiegato che metà del costo mensile delle operazioni deriva dal mantenimento della temperatura richiesta per lavorare la materia prima. Le fornaci bruciano a oltre 1.180 gradi centigradi, e lavorano 24 ore al giorno. Motivo per cui anche spegnere e riaccendere i forni rappresenta un costo estremamente gravoso.
Infatti il processo di raffreddamento rompe i crogioli, i tini di argilla in cui viene cotto il vetro. Sia quelli che i mattoni resistenti al fuoco devono essere sostituiti. Quindi ai vetrai di Murano possono servire anche due settimane per tornare alla giusta temperatura. La Effetre ha stimato che la riaccensione contemporanea di 15-16 forni può avere un costo compreso tra gli 80 e i 90 mila euro.
A Murano si lavora il vetro da otto secoli, e chiaramente il ricorso al gas naturale per azionarne i forni è molto recente. Il suo uso comune risale infatti agli anni ’50 del XX Secolo, quando i forni a gas hanno preso il posto di quelli tradizionali a legna.
Chiaramente, però, l’industria non può tornare sui suoi passi. Le emissioni locali, infatti, supererebbero di gran lunga la soglia di legge. “Puoi avere una stufa a legna su una montagna, ma non puoi avere centinaia di forni a legna che vanno a 1100 gradi Celsius“, ha infatti spiegato al ‘Washington Post’ Francesco Gonella, fisico specializzato in vetro artistico. E intanto la stretta al collo di Murano e dei mastri vetrai che ci lavorano si fa sempre più insostenibile.
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