Questa porcilaia non s’ha da fare. Una storia curiosa, che ha vedere molto anche con i paradossi della burocrazia italiana, arriva direttamente dalla Basilicata. E si trascina ormai da diversi mesi.
Ci troviamo esattamente a Stigliano, in provincia di Matera; e i protagonisti sono, ahiloro, dei maiali. Nella contrada Acinello, l’azienda Albano vorrebbe avviare un allevamento intensivo di 4mila suini. Si tratterebbe di un impianto industriale in piena regola, anche se negli atti ufficiali si scrive che i capi allevati saranno 3998. Ed è qui che parte la guerra di alcuni imprenditori contro la porcilaia. Questo perché si rivelerebbe “un impatto devastante in una zona artigianale in cui sono insediate piccole unità produttive tra le quali aziende agro-alimentari anche biologiche che danno lustro nel mondo alla Basilicata: olio pregiato, pasta di altissima qualità, formaggi ricercati anche sui mercati esteri”. Ma, a ben vedere, ci sarebbe dell’altro.
Interessanti infatti, da questo punto di vista, sono un esposto alla Guardia di Finanza presentato da alcuni imprenditori della zona e un ricorso al Tar firmato dagli stessi. Le contestazioni contenute riguardano quasi tutte i permessi rilasciati dal Comune di Stigliano e le contraddizioni emerse nella documentazione presentata dall’impresa individuale Albano nel corso delle procedure per le autorizzazioni del caso. Secondo i ricorrenti, infatti, il Comune di Stigliano sulla base della documentazione e, “con una certa superficialità, rilascia autorizzazioni e permessi ampiamente contestabili”.
“L’effettiva realizzazione di tale allevamento industriale, con due vasche di smaltimento di liquami da migliaia di metri cubi e spandimento sui terreni limitrofi asserviti all’improvvida iniziativa, determinerebbe – oltre che un grave rischio per la salute di coloro che, titolari, dipendenti e clienti, vivono quotidianamente le attività insediate nella zona Pip – la ‘morte’ certa delle attività dei ricorrenti e, più in generale, di tutta la zona Pip di C.da Acinello all’interno della quale sono stati già realizzati e potranno ancora esserlo, oltre ai capannoni produttivi, anche le abitazioni degli artigiani e gli alloggi per i custodi”.
Il Tar si è espresso con una sentenza del 13 gennaio 2021 respingendo le richieste dei ricorrenti. Tra i motivi del rigetto il fatto che “l’attività produttiva cui sono ricondotti i danni temuti non è in corso di svolgimento, né risulta ancora autorizzata”. Vale a dire che “per il momento non esiste pericolo perché la futura azienda non è ancora in produzione”. Insomma: prima si fa costruire l’impianto, nonostante le eventuali carenze e contraddizioni nella documentazione per le autorizzazioni, e poi fatta l’opera si verificherà se è dannosa o meno.
Dopo questa sentenza sono ripresi i lavori della porcilaia, ormai quasi conclusi. Nel frattempo, pare che la Procura di Matera stia indagando. Altri elementi che s’inseriscono nella vicenda obbligano però gli imprenditori che hanno fortemente protestato a porre alcuni dubbi. Da dove preleverà l’acqua per l’impianto industriale la ditta Albano? Sarà utilizzato un contatore a destinazione domestica e agricola, per uso industriale? Trattandosi di territorio a caratterizzazione biologica, dove saranno scaricati i liquami? E poi ancora. Se qualcuno seminasse su terreni destinati ad uso artigianale, quel grano dove andrebbe a finire? Insomma, ancora tante domande alle quali dare una risposta chiara. Fatto sta che nei dintorni di Matera i maiali sono finiti nell’occhio del ciclone.
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