La Corte di Giustizia Europea ha accolto il ricorso di Vivendi sul Tusmar, il Testo unico dei servizi di media audiovisivi e radiofonici, previsto dalla legge Gasparri. Per i giudici del Lussemburgo la norma italiana che impedisce a Vivendi di acquisire il 28% del capitale di Mediaset “è contraria al diritto dell’Unione”. In un comunicato emanato per spiegare i motivi della decisione, i giudici sottolineano che la norma italiana al centro del ricorso “costituisce un ostacolo vietato alla libertà di stabilimento, in quanto non è idonea a conseguire l’obiettivo della tutela del pluralismo dell’informazione”.
Le motivazioni sul ricorso di Vivendi accolto
La Corte ricorda, innanzitutto, che l’articolo 49 del Trattato Ue impedisce qualsiasi provvedimento nazionale che possa ostacolare o scoraggiare l’esercizio, da parte dei cittadini dell’Unione, della libertà di stabilimento. Questo è il caso della normativa italiana, che vieta a Vivendi di mantenere le partecipazioni che essa aveva acquisito in Mediaset o che deteneva in Telecom Italia, obbligandola quindi a porre fine a tali partecipazioni, nell’una o nell’altra di tali imprese, nella misura in cui esse eccedevano le soglie previste. Nella sentenza i giudici osservano inoltre che, “anche se una restrizione alla libertà di stabilimento può, in linea di principio, essere giustificata da un obiettivo di interesse generale, quale la tutela del pluralismo dell’informazione e dei media, ciò non avviene nel caso della disposizione in questione, non essendo quest’ultima idonea a conseguire tale obiettivo”.
La Corte ricorda, a tale proposito, che il diritto dell’Unione, per quanto riguarda i servizi di comunicazione elettronica, “stabilisce una chiara distinzione tra la produzione di contenuti e la loro trasmissione. Pertanto, le imprese operanti nel settore delle comunicazioni elettroniche, che esercitano un controllo sulla trasmissione dei contenuti, non esercitano necessariamente un controllo sulla produzione di tali contenuti. Ebbene, la disposizione in questione non fa riferimento ai collegamenti tra la produzione e la trasmissione dei contenuti e non è neppure formulata in modo da applicarsi specificamente in relazione a tali collegamenti”.