l liceo del Made in Italy, introdotto dal governo nel 2023, punta a valorizzare il patrimonio culturale e produttivo italiano, ma le difficoltà incontrate nel primo anno, con poche iscrizioni e classi non formate, sollevano dubbi sul suo futuro
Dal 21 gennaio 2025, gli studenti delle scuole secondarie di primo grado potranno iscriversi alle scuole superiori per l’anno scolastico 2025/2026. Tra le opzioni disponibili, alcune scuole offriranno nuovamente il liceo del Made in Italy, un indirizzo introdotto solo di recente e pensato per valorizzare il patrimonio culturale e produttivo italiano attraverso materie specifiche legate ai settori di eccellenza del Paese.
Tuttavia, il progetto, nonostante l’enfasi iniziale del governo e l’importanza attribuita al suo potenziale formativo, ha incontrato numerose difficoltà fin dal suo esordio. Lo scorso anno, infatti, le iscrizioni sono state molto basse e poche scuole sono riuscite a formare le classi necessarie per attivare l’indirizzo.
Liceo del Made in Italy: un progetto ambizioso ma difficile da realizzare
L’idea di istituire un liceo dedicato al Made in Italy era stata fortemente promossa dal governo guidato da Giorgia Meloni fin dal suo insediamento, nell’ottobre del 2022. Durante la campagna elettorale dell’estate dello stesso anno, il progetto era stato presentato come un’importante innovazione nel panorama dell’istruzione superiore italiana, ma i dettagli specifici tardarono ad arrivare.
Solo a giugno del 2023, il governo approvò un disegno di legge che includeva misure mirate alla promozione del Made in Italy, chiarendo finalmente che il nuovo liceo non sarebbe stato un indirizzo completamente indipendente, bensì una variante del Liceo delle Scienze Umane – opzione economico sociale (LES), introdotto per la prima volta nel 2010.
Questo indirizzo, secondo il decreto, prevedeva alcune materie specifiche che sarebbero state introdotte a partire dal terzo anno, come “Scienze giuridiche per il Made in Italy” e “Scienze economiche per il Made in Italy”, oltre a insegnamenti di storia dell’arte e storia del design, che avrebbero sostituito alcune materie tradizionalmente presenti nel liceo delle Scienze Umane, come geografia, diritto, economia politica e scienze naturali. Il monte ore settimanale stabilito era di 27 ore nei primi due anni, per poi salire a circa 30 ore dal terzo al quinto anno. A supporto di questo indirizzo, la legge istituiva anche una Fondazione denominata “Imprese e competenze”, con l’obiettivo di favorire la collaborazione tra scuole e aziende, al fine di agevolare l’inserimento lavorativo degli studenti una volta terminato il ciclo di studi.
Nonostante le aspettative e l’ampia promozione del progetto, il primo anno di attivazione si è rivelato deludente. Su 128 scuole che avevano inizialmente richiesto di attivare l’indirizzo, solo 92 lo hanno effettivamente proposto al momento delle iscrizioni. Le adesioni online sono state appena 375, pari allo 0,08% del totale degli studenti, a cui si sono aggiunti circa 100 iscritti in forma cartacea, per un totale di appena 500 studenti su scala nazionale. Numeri troppo bassi per formare classi in molte scuole, tanto che il ministero dell’Istruzione ha introdotto una deroga straordinaria, riducendo il numero minimo di studenti richiesto per avviare una classe da 27 a 17. Nonostante questo intervento, molte scuole non sono riuscite a raggiungere nemmeno questa soglia minima e hanno dovuto dirottare gli iscritti verso il liceo delle Scienze Umane tradizionale.
Giovanni Carlo Vezzoli, dirigente scolastico dell’Istituto Belotti, una delle poche scuole della provincia di Bergamo ad aver proposto il nuovo indirizzo, ha spiegato: «Non siamo riusciti a partire per via del numero esiguo di iscritti, che sono stati poi trasferiti all’altro indirizzo, molto simile nei contenuti. Speriamo di riuscirci il prossimo anno». Nella provincia di Bergamo, dove risiedono oltre un milione di persone, le iscrizioni si sono fermate a una decina di studenti.
Molti dirigenti scolastici e rappresentanti sindacali sono scettici riguardo a un possibile incremento delle iscrizioni per il prossimo anno. Hanno sottolineato come, negli ultimi mesi, il ministero non abbia fornito informazioni dettagliate sull’andamento delle classi attivate o sulle prospettive future di questo indirizzo. Anche l’interesse dimostrato da studenti e famiglie durante gli open day, le giornate dedicate alla presentazione dell’offerta formativa, è stato piuttosto limitato.
Secondo quanto riportato da La Repubblica Palermo, in Sicilia molte scuole hanno già rinunciato al nuovo indirizzo: delle 17 scuole che lo proponevano lo scorso anno, ne sono rimaste attive solo 2, entrambe in provincia di Trapani. Gianna Fracassi, segretaria nazionale della CGIL Scuola, ha dichiarato: «Questa proposta sembra destinata a un fallimento naturale. Il governo ha fatto di tutto per sostenerla, ma l’interesse da parte degli studenti è stato scarso fin dall’inizio». Fracassi ha inoltre criticato l’idea di introdurre un orientamento lavorativo così precoce, che a suo avviso dovrebbe essere prerogativa delle università: «La scuola dovrebbe fornire solide competenze di base. C’è tutto il tempo per diventare imprenditori dopo il diploma. Questo progetto sembra più un’operazione propagandistica che una vera risposta alle esigenze degli studenti».
Inizialmente, la legge prevedeva la graduale sostituzione dell’indirizzo economico sociale del liceo delle Scienze Umane con quello del Made in Italy. Questa proposta ha incontrato forti opposizioni da parte di comitati di genitori, insegnanti e sindacati, tanto che il governo ha poi fatto marcia indietro, presentando due emendamenti che hanno mantenuto in vita l’indirizzo economico sociale.
A gennaio 2025, il ministero dell’Istruzione ha deciso di posticipare il periodo delle iscrizioni dal 21 gennaio al 10 febbraio, per dare più tempo alle scuole di organizzare giornate di orientamento e permettere alle famiglie di informarsi meglio. Una nota ministeriale ha invitato gli istituti a dedicare maggiore attenzione alla promozione del liceo del Made in Italy, definito come «un’importante innovazione nell’offerta formativa del sistema scolastico nazionale». Resta però da vedere se queste misure riusciranno a risollevare le sorti di un progetto partito tra grandi aspettative ma già in evidente difficoltà.