Da poco eletta alla guida del Partito Democratico, Elly Schlein ha rilasciato una lunga, quanto personale, intervista al celebre Vogue, in cui ha parlato in lungo e in largo delle sue passioni, di se stessa, dell’impegno politico e dei progetti futuri. Già vicepresidente della Regione Emilia-Romagna, ed ex-europarlamentare, Schlein, dall’elezione, ha concesso pochissime interviste. In quella con Vogue, la segreteria parla del successo politico ottenuto recentemente, e del ‘suo segreto’: “Io provo semplicemente a guardare bene chi ho davanti, quando parlo. In linea generale penso che dobbiamo riuscire a entrare in connessione con le persone che vogliamo rappresentare e dobbiamo farlo con un linguaggio inclusivo, che si rivolga a tutti e a tutte”. Schlein individua in particolar modo nei giovani una nuova consapevolezza verso le sfide che attendono il futuro: “C’è una mobilitazione europea che tiene insieme la giustizia sociale e la giustizia climatica, passando per la dignità del lavoro, contro lo sfruttamento e il precariato e per l’uguaglianza nei diritti, nelle opportunità di partenza”.
Schlein ha anche toccato il tema delle disuguaglianze e dei nazionalismi, spiegando come nel mondo ci sia una sorta di “internazionale di nazionalisti”, cosa che rappresenta un paradosso. Toccando Orban con i suoi muri, Salvini e Meloni con i porti chiusi, che le idee di Trump e Farage, secondo Schlein per i nazionalisti “è sempre colpa di una persona diversa”: che sia una persona Lgbtq+ o un migrante, è necessario cambiare la retorica dei discorsi. Quindi dimostrare “che in realtà non c’è un ‘noi’ e un ‘loro’: la grande avversaria dovrebbe essere la diseguaglianza”. Ricordando il suo periodo da parlamentare, la segretaria ricorda di aver “lottato molto per riformare il regolamento di Dublino, ma nelle 22 riunioni di negoziati, quando si discuteva per condividere le responsabilità sull’accoglienza tra vari Paesi europei, non ho mai visto la Lega, non ho mai visto la destra che oggi è rappresentata da Giorgia Meloni”. Perchè? “È che non hanno il coraggio di dire ai loro alleati nazionalisti, come Orban, che anche loro devono fare la propria parte nell’accoglienza”.
L’intervista scivola su toni più neutri, e si addentra nel personale. Schlein afferma di saper accettare la sconfitta, il fallimento, che è anzi utile per andare avanti, “provo con umiltà a capire come migliorare, come rialzarmi”. La segretaria ammette di sentirsi “schiacciata” dalle responsabilità, ma di provare comunque ad ascoltarsi per prendere lo spazio necessario per staccare. Tra film, PlayStation, e serie televisive, Schlein parla anche della musica che le piace ascoltare, “soprattutto musica indie come i Mumford & Sons, i Radiohead e i canadesi Rural Alberta Advantage – una loro canzone, Four Night Rider, mi dà sempre la carica”.
Ammettendo di non saper conciliare la vita privata con quella pubblica, Schlein afferma: “Il crescente impegno politico ha implicato molte rinunce, per una come me che all’università, a Bologna, usciva praticamente tutte le sere. Ora questa parte è molto ridotta, cerco di difendere gli spazi di vita personale ma non è facile”. Sul lato politico, la segretaria parla della stima che nutre nei confronti di Alexandria Ocasio-Cortez, di Ayanna Pressley, Ilhan Omar e Rashida Tlaib, ma anche di “Jacinda Ardern, la premier neozelandese che ha recentemente concluso la sua esperienza di governo”. Plausi vanno anche alle mobilitazioni dei Fridays for Future, che secondo Schlein hanno contribuito ad “un avanzamento sul terreno delle politiche di contrasto all’emergenza climatica”.
L’intervista di Elly Schlein non poteva non concludersi con una finestra sui diritti delle persone Lgbtq+ in Italia. “Vorrei ridurre la distanza che ci divide dai Paesi del Nord Europa. Noi non abbiamo nemmeno una legge contro l’odio e la discriminazione, quella che ha portato avanti Alessandro Zan, con cui lavoriamo tutti i giorni, affossata dalla destra con quel vergognoso applauso nell’Aula del Senato”. La segretaria afferma di star lavorando per il matrimonio egualitario. “Love is love: questo è lo slogan con cui accompagniamo le associazioni nella battaglia. Ma mancano anche i diritti delle figlie, dei figli delle coppie omogenitoriali”, e ci sono ancora molti passi avanti da fare.
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