Le polemiche sono esplose subito dopo la notizia che una paziente milanese di 50 anni ha ricevuto l’autorizzazione a somministrarsi un farmaco letale fornito dal Servizio sanitario nazionale
Negli ultimi giorni, la Lombardia è diventata il fulcro di un acceso dibattito politico e sociale, a seguito del primo caso di suicidio assistito approvato nella regione. Questo evento storico ha suscitato una profonda divisione all’interno della destra, in particolare tra i membri del partito Fratelli d’Italia e l’assessore al Welfare, Guido Bertolaso. Le polemiche sono esplose subito dopo la notizia che una paziente milanese di 50 anni, affetta da sclerosi multipla progressiva da oltre 30 anni, ha ricevuto l’autorizzazione a somministrarsi un farmaco letale fornito dal Servizio sanitario nazionale.
Cos’è il suicidio assistito
Il suicidio assistito è una pratica che consente, a determinate condizioni, di autosomministrarsi un farmaco per porre fine alle proprie sofferenze. In Italia, questa pratica è legalizzata dal 2019, grazie a una sentenza della Corte Costituzionale che ha dichiarato illegittimo il divieto precedente. Tuttavia, la mancanza di una legge nazionale che regolamenti in modo chiaro l’accesso a questa pratica ha portato a una situazione di incertezza e confusione. Le aziende sanitarie locali stabiliscono i requisiti per i richiedenti, generando disparità nelle procedure e nei criteri di approvazione, a seconda delle regioni.
Il caso in Lombardia
Il caso in Lombardia ha messo in evidenza le problematiche legate a questa mancanza di regolamentazione. La paziente ha ottenuto l’approvazione dalla sua azienda sanitaria locale dopo un lungo iter burocratico durato ben nove mesi. Sebbene il caso risalga a metà gennaio, la notizia è emersa solo recentemente, scatenando una reazione immediata da parte del partito di destra Fratelli d’Italia, che ha accusato Bertolaso di aver agito in modo illegittimo. Secondo i membri del partito:
- Bertolaso avrebbe ignorato la volontà del governo regionale;
- A novembre, il governo aveva deciso di non discutere una proposta di legge sul suicidio assistito;
- La questione sarebbe di competenza statale.
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Questa accusa è stata respinta da Bertolaso e dal presidente della regione, Attilio Fontana, della Lega, che hanno difeso le azioni intraprese, sottolineando che la sentenza della Corte ha valore di legge e impone obblighi precisi.
La divisione all’interno della destra
Il dibattito sul suicidio assistito in Lombardia riflette una divisione più ampia e complessa all’interno della destra italiana. Mentre alcune frange del partito di governo si oppongono fermamente a qualsiasi forma di legalizzazione, altre riconoscono la necessità di una regolamentazione chiara e coerente. Questa situazione è alimentata da:
- Paura di eventuali abusi;
- Preoccupazioni per le implicazioni etiche e morali di una simile pratica.
A livello nazionale, la Corte Costituzionale ha più volte sollecitato il Parlamento a legiferare sulla materia, ma finora senza successo. Ciò ha lasciato le regioni in una situazione di stallo, dove ogni caso viene trattato singolarmente, con criteri che possono variare notevolmente. La Lombardia rappresenta un caso emblematico: mentre altre regioni, come la Toscana, hanno già approvato leggi regionali per regolamentare il suicidio assistito, la Lombardia ha scelto di non affrontare la questione a livello legislativo.
La necessità di una legge nazionale sul suicidio assistito
Il profilo di Bertolaso, un tecnico con una lunga carriera nella sanità e nella protezione civile, ha aggiunto un ulteriore livello di complessità alla situazione. La sua esperienza nel settore sanitario gli conferisce una certa credibilità, ma le sue decisioni sono ora al centro di un acceso dibattito politico. È opportuno sottolineare che anche volendo l’assessore al welfare non avrebbe potuto opporsi alla valutazione fatta dall’azienda sanitaria locale, che ha accertato la sussistenza dei requisiti per la paziente milanese, sena violare la norma stabilita dalla sentenza del 2019. Fontana ha sottolineato che Bertolaso “non poteva sottrarsi a questo obbligo, anche per non mettere in difficoltà le nostre aziende sanitarie che hanno ricevuto la richiesta”. Il presidente della regione Lombardia ha anche auspicato l’approvazione di una legge nazionale pensata proprio per fare chiarezza sulle procedure da seguire in certe casistiche.
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