Immuni, Meloni: “Non scaricatela. È business di dati sensibili”

Stanno facendo discutere le affermazioni di Giorgia Meloni sull’app di tracciamento Immuni. “Non ho scaricato l’app Immuni e invito tutti a non scaricarla. Perché è un’iniziativa fatta in violazione del codice appalti e delle norme italiane. Il decreto approvato dice che le informazioni presenti sull’app non possono essere utilizzate per altri scopi, ma non sanziona il diverso utilizzo“, ha spiegato la leader di Fratelli d’Italia durante un intervento nel programma “Non è un Paese per Giovani” di Radio2. “Non c’è stata una gara pubblica, ma il problema è che i dati sulle condizioni sanitarie e gli spostamenti delle persone rappresentano il business più appetibile del mondo, per le case farmaceutiche. Senza una legge e delle garanzie costituzionali non si poteva fare, secondo me“, ha concluso Meloni.

L’app Immuni e la privacy

Le dichiarazioni della leader di Fratelli d’Italia non trovano riscontro nella valutazione effettuata dal Garante Privacy, che il primo giugno ha dato ufficialmente il via libera a Immuni. In una comunicazione ufficiale, l’autorità amministrativa ha reso noto che l’app è dotata di “misure volte a garantire in misura sufficiente il rispetto e le libertà degli interessati, che attenuano i rischi che potrebbero derivare dal trattamento dei dati personali”. Nel comunicato pubblicato sul suo sito, il Garante Privacy ha anche specificato che “dovrà anche essere garantita la trasparenza del trattamento a fini statistico-epidemiologici dei dati raccolti e individuate modalità adeguate a proteggerli, evitando ogni forma di riassociazione a soggetti identificabili e adottando idonee misure di sicurezza e tecniche di anonimizzazione”.

Il funzionamento dell’app

Immuni non si basa sul GPS (che potrebbe essere usato per fornire informazioni sulla localizzazione degli utenti), ma sulla tecnologia Bluetooth Low Energy. Quando due utenti si trovano a meno di un metro l’uno dall’altro, i loro smartphone entrano in “comunicazione” e registrano i rispettivi ID, anonimi e generati casualmente, nella memoria locale. I cittadini positivi al coronavirus possono caricare sul server centrale, gestito da Sogesi, la lista di codici identificativi conservati nel dispositivo. Chi è entrato in contatto con l’utente in questione viene avvisato tramite una notifica, priva di informazioni che permettano di risalire all’identità della persona contagiata dal virus.

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