Il padre dell’attivista italiana detenuta a Budapest lancia l’allarme: “Non la fanno votare”, dall’Ungheria parlano di “accuse infondate, ma al momento non è chiaro se la donna, candidata alle Europee con Avs, potrà esprimere il suo voto
Il padre di Ilaria Salis, l’insegnante detenuta in carcere a Budapest da più di 15 mesi, ha lanciato l’allarme: “Oggi ho parlato con Ilaria, mi ha detto che nel carcere hanno chiesto a tutte le detenute se volevano votare e lei ovviamente ha risposto di sì, ma le è stato detto che c’è una carenza legislativa italiana che non le consentirebbe di votare. Ha interpellato l’ambasciata che non le ha saputo dare risposta, c’è una palese violazione dei diritti umani in corso e ci vorrebbe una presa di posizione chiara del governo”. L’uomo ha poi spiegato come “l’ambasciatore italiano a Budapest Manuel Jacoangeli ha contattato il ministero dell’Interno visto che è un problema loro e mi aspetto una presa di posizione chiara per capire se tutti i cittadini possono esercitare il loro diritto di voto”.
“Hanno detto a Ilaria che è straniera e quindi non sanno come farla votare”, ha proseguito il padre della donna, che sarà candidata alle Europee con Avs,”è un’altra palese violazione dei diritti umani, l’8 maggio sono scaduti i sei mesi stabiliti dal giudice che non decide sul prolungamento finché non arriva la decisione sull’appello che abbiamo presentato per avere i domiciliari. Ma la sostanza è che lei ora è in carcere senza che ci sia una disposizione della magistratura. E anche questo avviene senza che il governo o la diplomazia facciano nulla”.
Accuse che il governo ungherese ha prontamente rigettato, anche se, a onor del vero, Roberto Salis ha parlato principalmente di un problema italiano. Il portavoce del governo ungherese Zoltan Kovacs ha definito le affermazioni del padre dell’attivista: “Infondate, travisano i fatti. La legge stabilisce che ai detenuti sia data l’opportunità di votare e gli istituti penitenziari sono tenuti a facilitare questo fondamentale diritto democratico. Salis si astenga da fake news volte a diffamare le carceri ungheresi e i professionisti che vi lavorano”.
Non è tardata ad arrivare la risposta di Roberto Salis: “Trovo singolare essere oggetto di questi commenti diretti del portavoce del primo ministro di uno Stato europeo, e non è la prima volta, ma mi pare che ci sia una totale incomprensione del merito: per varie carenze, non so da chi dipendano, di fatto mia figlia non può votare. Mi aspetto che trovino il modo di garantire l’esercizio di diritti fondamentali dei cittadini europei”.
Da Budapest a Roma, il ministro degli Esteri Antonio Tajani ha spiegato che la Farnesina è al lavoro. “Se è possibile farla votare la faremo votare. Stiamo cercando di agevolare in ogni modo questa possibilità“. Parole che Roberto Salis non ha apprezzato: “Non è una concessione che il ministro fa a Ilaria, ma su tratta di garantire il rispetto dei diritti civili a qualsiasi cittadino nelle sue condizioni. E non sono pochi considerando che il ministro dice che ci sono 2.500 persone in carcere all’estero. Invece di attaccare un privato cittadino con accuse strumentali, sarebbe il caso che si mettessero d’accordo le due istituzioni europee. Mi aspetto che trovino il modo per garantire l’esercizio di diritti fondamentali dei cittadini europei”
“Ilaria è concentrata sulla possibilità che questa vicenda contribuisca a far finire l’incubo per una donna di 39 anni in carcere da oltre sedici mesi carcerazione preventiva” ha spiegato Nicola Fratoianni di Avs, il partito con cui correrà alle elezioni che l’ha incontrata in carcere. “Cercheremo di starle vicini, Bonelli andrà la settimana prossima a incontrarla, così da assicurare la maggior frequenza di visite e fare in modo che possa in qualche modo prendere parte a questa assurda campagna elettorale”. Intanto si attende la decisione sulla sua richiesta dei domiciliari: “non credo che ci sia possibilità di ripensamento, ma la speranza è sempre l’ultima a morire”.
Ma scopriamo cosa dice la legge a proposito del voto per coloro i quali si trovano a scontare una pena detentiva. Come e se possono farlo all’interno del carcere? Innanzitutto, è bene chiarire che una condanna non significa perdere automaticamente il diritto di voto, anche se questo dipende dalla categoria e dalla gravità del reato per cui è stato condannato. Infatti, l’Italia fa parte di quei Paesi che non negano in modo assoluto la possibilità di votare ai detenuti (come invece succede in Bulgaria e nel Regno Unito), ma nella maggior parte dei casi tale diritto si considera soltanto sospeso.
Una condanna non comporta automaticamente la perdita del diritto di voto; è necessario fare alcune distinzioni. Perdono definitivamente il diritto di voto i detenuti condannati all’ergastolo o a una pena superiore a 5 anni. Per le pene inferiori a 3 anni, il diritto di voto è sospeso per un periodo continuativo di 5 anni. È importante precisare che la perdita del diritto di voto avviene solo dopo che la sentenza è definitiva.
Coloro che sono condannati a pene brevi inferiori a 3 anni e chi si trova in custodia cautelare non perdono il diritto di voto e possono votare come tutti gli altri cittadini. In teoria, ogni carcere dovrebbe avere un seggio elettorale interno. L’iter per allestire il seggio inizia con il detenuto che desidera votare: prima delle elezioni deve inviare una richiesta al Comune di residenza, dove è iscritto nelle liste elettorali. Sarà poi compito del Sindaco seguire la procedura e inviare al detenuto la tessera elettorale.
Nonostante questi semplici passaggi, la burocrazia e la disinformazione rendono il processo complicato, tanto che, secondo le stime di Antigone, solo il 50% dei carcerati aventi diritto riesce a votare. La legge prevede anche la sospensione del diritto di voto per chi è sottoposto a misure di prevenzione, misure di sicurezza detentive, libertà vigilata, divieto di soggiorno in uno o più Comuni o Province, e interdizione dai pubblici uffici, sia perpetua che temporanea. In altre parole, ci sono limitazioni al diritto di voto non solo per chi ha subito una condanna definitiva, ma anche per chi è soggetto a misure di sicurezza.
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