Il processo a carico di Matteo Salvini per il caso della nave Gregoretti arriva a un punto di possibile svolta. Nel corso dell’udienza preliminare nell’aula bunker di Catania, infatti, la procura ha chiesto il non luogo a procedere nei confronti dell’ex ministro dell’Interno.
Gregoretti, “il fatto non sussiste”: l’intervento del Pm
Nel corso del suo intervento in aula davanti al Gup Nunzio Sarpietro, il Pm Andrea Bonomo ha infatti spiegato che, all’epoca del ritardato sbarco dei migranti dalla Gregoretti, Salvini “non ha violato alcuna delle convenzioni internazionali“. Inoltre le sue scelte sono state “condivise dal governo” e la sua posizione “non integra gli estremi del reato di sequestro di persona“. Per tutti questi motivi, secondo il Pubblico ministero, “il fatto non sussiste“.
La Procura di Catania aveva già inoltrato una richiesta di archiviazione per il caso Salvini, scrivendo che “l’attesa di tre giorni non può considerarsi una illegittima privazione della ‘liberta’ “. A carico dei migranti che erano a bordo della nave Gregoretti, infatti, le “limitazioni sono proseguite nell’hot spot di Pozzallo“. Ma soprattutto, e questo è uno dei passaggi cardine del documento, “manca un obbligo per lo Stato di uno sbarco immediato“.
Perché quello di Salvini “non fu sequestro di persona”
Il Pubblico ministero ha quindi rievocato la fase storica e politica che l’Italia stava attraversando all’epoca dello sbarco della nave Gregoretti. Nelle sue osservazioni ha infatti evidenziato che “le direttive politiche erano cambiate“. Tanto che dal 28 novembre il ministero dell’Interno (e quindi Salvini) aveva espresso la volontà di assegnare il Pos e di “farlo in tempi brevi“.
In altri termini “i tempi amministrativi” per attuare lo sbarco dei migranti dalla Gregoretti erano giustificabili “con la volontà del ministro Salvini di ottenere una ridistribuzione in sede europea“. Inoltre sulla nave “sono stati garantiti assistenza medica, viveri e beni di prima necessità” e “lo sbarco immediato di malati e minorenni“.