Lo sciopero dei dipendenti portuali contro il green pass è legittimo o no? È questo il punto interrogativo che nelle ultime ore sta animando il dibattito attorno alla decisione dei lavoratori del porto di Trieste (ma anche di altre categorie) di incrociare le braccia il 15 ottobre.
Il giorno, cioè, dell’entrata in vigore dell’obbligo di certificazione verde per tutti i lavoratori italiani. Alcuni dei quali – i non vaccinati – chiedono che sia lo Stato a garantire dei tamponi gratuiti per ottenere il pass. Strada però difficilmente percorribile, per via dei costi esorbitanti a carico dei contribuenti.
La Commissione di garanzia
Il nodo ruota attorno al concetto di “servizi essenziali”. Mercoledì sera, infatti, la Commissione di garanzia degli scioperi nei servizi essenziali ha reso noto che lo stop, indetto dalla Federazione italiana sindacati intercategoriali e dalla Confederazione sindacati autonomi federati italiani dal 15 al 20 ottobre, è “illegittimo per il mancato rispetto della regola della rarefazione oggettiva”, vale a dire la concentrazione dell’astensione su più giorni concomitanti.
Nonché il “mancato rispetto del termine di preavviso”. L’organismo di garanzia ha poi invitato la Fisi e la Confsafi a revocare lo sciopero contro l’obbligo di green pass. E se ciò non dovesse avvenire, i sindacati – spiega la Commissione di garanzia – incorrerebbero “nelle sanzioni previste dall’ordinamento”; ma ha anche assicurato che “in seguito alla eventuale apertura della procedura di valutazione, accerterà ogni altra violazione che dovesse emergere”.
La posizione dei portuali di Trieste
In una nota al Viminale ha infine espresso “particolare preoccupazione” per il “possibile verificarsi, alla luce del delicato contesto sociale, di gravi comportamenti illeciti”. Dall’altro lato della barricata c’è però il Coordinamento dei lavoratori portuali di Trieste, che ha aderito allo sciopero dei sindacati Fisi e Confsafi. Secondo il Clpt l’astensione del 15 ottobre non rientrerebbe invece negli scioperi dichiarati illegittimi dalla Commissione di garanzia.
“L’eventuale violazione della legge per l’osservazione dei servizi pubblici essenziali riguarda alcuni settori, ma non quello dei portuali e non tutti dell’industria”, ha commentato Alessandro Volk, componente del direttivo del Clpt. Volk ha poi aggiunto che “siamo determinati sulle nostre posizioni, ma siamo sempre disponibili a discutere con chiunque”.
Tuttavia, se il Governo dovesse posticipare l’obbligo della certificazione verde, Volk ha anticipato che “nel caso prenderemmo nota e ci adegueremmo, non avrebbe senso bloccare il porto. Se ad esempio il Governo proponesse una proroga al 30 ottobre sarebbe una mossa intelligente da parte del Governo per prendere un po’ di tempo e trovare poi una soluzione”.
“Rimandare l’obbligo di green pass”
Proposta peraltro già avanzata dal segretario generale della Uil, Pierpaolo Bombardieri, ricevendo però un due di picche dall’esecutivo. In più, i portuali friulani hanno già detto di non voler annullare la protesta nonostante le aziende abbiano dato la loro disponibilità a pagare i tamponi per chi non si vuole vaccinare. “Perché solo ai lavoratori portuali? – ha sottolineato Volk –. Gli altri lavoratori valgono di meno?”.
“In ogni caso verrebbe pagato solo da alcune aziende, altre non pagherebbero – ha concluso –. Quindi è una situazione fuori da qualsiasi norma. Si crea discriminazione nella discriminazione: tutti i lavoratori devono avere lo stesso tipo di trattamento”. Ecco perché “la cosa più semplice e intelligente è ritirare questo decreto”. E se il Governo fornisse i tamponi gratis a tutti i lavoratori? “Se sarà così ne discuteremo”.
Trasporti, 70 milioni di costi extra?
Lo stop contro il green pass obbligatorio, come detto, riguarda diverse categorie di lavoratori italiani. Ma l’osservato speciale resta il settore del trasporto delle merci. Secondo una stima di TrasportoUnito, da domani i costi extra per le imprese di autotrasporto potrebbero lievitare fino a oltre 70 milioni di euro al giorno.
Ciò è dovuto ai costi per la mancata produttività degli autisti no-vax, i quali non saranno più impiegabili e nemmeno sostituibili per la carenza di personale. “Mancheranno all’appello circa 80mila conducenti distribuiti su 98mile imprese iscritte all’albo – ha evidenziato il segretario generale di TrasportoUnito, Maurizio Longo –. Ciò determinerà ritardi delle consegne, circa 320mila ore/giorno in più rispetto allo standard giornaliero”.