L’imminente obbligo di Green pass nei luoghi di lavoro pubblici e privati, che scatterà il prossimo 15 ottobre, potrebbe essere accompagnato dal ritorno del Dpcm. Il presidente del Consiglio, Mario Draghi, sta infatti concretamente valutando di firmarne uno già nel corso di questi giorni.
Dpcm in arrivo: di cosa si occuperà
Il nuovo Dpcm potrebbe includere le indicazioni generali su come verificare il corretto possesso del Green pass. Nulla di realmente nuovo, dato che il decreto dovrebbe includere le linee guida che il Governo ha già concordato con le Regioni. Anche per questo motivo non dovrebbero cambiare le regole in vigore per chi è non vaccinato. Una fetta di cittadinanza tenuta a effettuare tamponi molecolari ogni 72 ore, che scendono a 48 in caso di test rapido.
Nel Dpcm saranno incluse anche le modalità tramite cui effettuare i controlli giornalieri, nelle aziende come nelle strutture pubbliche. Si parla di controlli giornalieri, che potrebbero essere a campione (sul 20% dei dipendenti delle strutture), ma anche a tappeto. Come già avviene per la scuola, il controllo sui Green pass potrebbe essere agevolato dalla messa a punto di una app ad hoc.
Green pass: i timori e le polemiche
Inevitabilmente, però, già infuriano le prime polemiche. Alcune riguardano le piccole imprese, a partire da cantieri o ditte in appalto. Qui infatti il non possesso del Green pass o anche solo un sistematico controllo a tappeto potrebbe scatenare pesanti ritardi nella catena di lavoro. Ma c’è anche altro. La necessità di verificare lo status di ogni lavoratore, infatti, prevede anche un costo non indifferente.
In più c’è il tema dei lavoratori dell’est. Chi si è regolarmente vaccinato con Sputnik non manca infatti nelle aziende. Il siero russo, però, non è riconosciuto dall’Ema e quindi non dà diritto al Green pass. Uno dei tanti problemi che l’imminente Dpcm dovrà affrontare.