Il Green pass non viola la privacy dei cittadini, pertanto richiederlo è del tutto legittimo. A metterlo nero su bianco è il Consiglio di Stato, che conferma la decisione del Tar del Lazio e respinge il ricorso presentato da quattro cittadini. Ma cosa succede realmente quando due diritti, entrambi legittimi e protetti dalla legge o addirittura dalla Costituzione, cadono in contraddizione l’uno con l’altro?
Partiamo dal Consiglio di Stato e dalla sua decisione sul Green pass. Ciò che i ricorrenti sostenevano era che “il meccanismo di contenimento dell’epidemia delineato dal legislatore nazionale comporterebbe un pregiudizio della riservatezza sanitaria, in contrasto con la disciplina europea sulla protezione dei dati sanitari“. Ma, come detto, la loro tesi è stata respinta.
Il Consiglio di Stato, innanzitutto, spiega che “non è stata dimostrata l’attualità del pregiudizio lamentato dai ricorrenti, restando salva la libera autodeterminazione dei cittadini che scelgono di non vaccinarsi“. Il punto focale della questione, però, arriva dopo. “Risulta prevalente l’interesse pubblico all’attuazione delle misure disposte attraverso l’impiego del Green pass, anche considerando la sua finalità di progressiva ripresa delle attività economiche e sociali“, si spiega infatti.
Cosa significa, però, che un interesse è “prevalente”? Per rispondere, occorre capire come è strutturata la Costituzione. In essa, i primi 12 articoli inquadrano i “principi inviolabili” dello Stato italiano, mentre gli articoli dal 13 al 54 elencano i “diritti fondamentali“. Ognuno di essi è “non negoziabile“, quindi non è possibile aggirarli nemmeno di fronte a norme europee. Che, in virtù della necessità di “armonizzare tra loro” gli Stati membri della Ue, prevalgono anche sulle leggi italiane (Costituzione inclusa). Ma non è questo il caso del Green pass.
Se infatti a confliggere sono proprio due “diritti fondamentali”, bisogna operare un delicato processo di “bilanciamento”. È infatti necessario analizzare l’attività lesiva e la posizione giuridica lesa (come quella di chi ritiene di essere leso dall’obbligo del Green pass). Ebbene, come spiega il giurista Luigi Ferrajoli, anche i diritti fondamentali sono soggetti a una gerarchia. Nello specifico, i diritti (primari) di libertà prevalgono su quelli sociali, che a loro volta prevalgono su quelli (secondari) di autonomia.
Questi ultimi (che, come detto, sono comunque fondamentali) possono produrre effetti sulle libertà positive o negative altrui. Ma se quelle libertà a loro volta sono un diritto fondamentale, annullano i diritti di autonomia. Quindi se il mio diritto di autodeterminarmi confligge con un diritto della collettività (ad esempio quello di accelerare il contrasto al Covid e la ripresa socio-economica del Paese), devo rinunciare al mio diritto. E il Consiglio di Stato ha stabilito che il Green pass rientra in questa ultima casistica. Mentre il vaccino è nella prima, tanto da non essere obbligatorio. Le due cose, sommate, rendono quindi pressoché necessario per i non vaccinati effettuare i tamponi, con tutte le annesse polemiche sulla loro gratuità o meno. Ma questa è un’altra questione.
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