Sono trascorsi cinque anni esatti da quando Giulio Regeni inviò il suo ultimo sms dall’Egitto. Del ricercatore italiano non si ebbero più notizie proprio dal 25 gennaio 2016. Otto giorni dopo il suo corpo fu ritrovato senza vita, in un fosso nei pressi di una prigione del Cairo, con evidenti segni di tortura. L’azione giudiziaria ha ripreso slancio nelle ultime settimane e il presidente della Repubblica Sergio Mattarella non ha mancato di mostrare, in una giornata dolorosa soprattutto per la famiglia dello studente, la vicinanza delle istituzioni nella battaglia per la ricerca della verità.
“L’azione della Procura della Repubblica di Roma, tra molte difficoltà, ha portato a conclusione indagini che hanno individuato un quadro di gravi responsabilità. Presto saranno sottoposte al vaglio di un processo, per le conseguenti sanzioni ai colpevoli – ha dichiarato Mattarella attraverso una nota ufficiale diffusa dal Quirinale -. Ci attendiamo piena e adeguata risposta da parte delle autorità egiziane, sollecitate a questo fine, senza sosta, dalla nostra diplomazia”.
“In questo giorno di memoria – ha aggiunto il Capo dello Stato – desidero anzitutto rinnovare sentimenti di vicinanza e solidarietà ai genitori di Giulio Regeni, che nel dolore più straziante sono stati capaci in questi anni di riversare ogni energia per ottenere la verità, per chiedere che vengano ricostruite le responsabilità e affermare così quel principio di giustizia che costituisce principio fondamentale di ogni convivenza umana e diritto inalienabile di ogni persona”.
“In questo doloroso anniversario rinnovo l’auspicio di un impegno comune e convergente per giungere alla verità e assicurare alla giustizia chi si è macchiato di un crimine che ha giustamente sollecitato attenzione e solidarietà da parte dell’Unione Europea. Si tratta di un impegno responsabile, unanimemente atteso dai familiari, dalle istituzioni della Repubblica, dalla intera opinione pubblica europea” ha poi concluso il Presidente Mattarella.
Sul fronte delle indagini, venerdì scorso la Procura di Roma ha depositato la richiesta di rinvio a giudizio per il generale Tariq Sabir e per gli altri agenti dei servizi segreti egiziani Athar Kamel Mohamed Ibrahim, Uhsam Helmi e Magdi Ibrahim Abdelal Sharif. L’obiettivo dei magistrati è quello di ricostruire il quadro complessivo che ha portato al presunto rapimento e, successivamente, alla morte di Regeni. Tuttora, l’Egitto ritiene la decisione della Procura “immotivata e illogica”. L’Italia sta però spingendo per capire le ragioni dietro una morte che a distanza di cinque anni resta avvolta nel mistero.
La commissione parlamentare d’inchiesta ha poi ascoltato, sempre venerdì, Davide Bonvicini, primo segretario all’ambasciata d’Italia al Cairo, all’epoca dei fatti. Il diplomatico ha parlato di “fortissimo impegno profuso” da parte delle autorità italiane, bloccate da un “muro di reticenza ed evasività” da parte dell’Egitto. L’udienza preliminare del processo per i quattro 007 egiziani dovrebbe essere fissata, salvo variazioni dovute soprattutto alle restrizioni anti-Covid, entro la fine della primavera. La speranza di tutti è che possa essere un primo, decisivo passo verso la verità.
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