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Si è aperto oggi, nell’aula bunker di Rebibbia a Roma, il processo a carico dei quattro 007 egiziani accusati del sequestro e dell’omicidio di Giulio Regeni, il ricercatore italiano morto nel febbraio 2016 in Egitto. Processo a cui, riporta il Corriere della Sera, sarà presente anche la Presidenza del Consiglio dei ministri, che ha intenzione di costituirsi parte civile.
I giudici della terza Corte d’Assise dovranno affrontare subito uno dei primi nodi procedurali. Vale a dire l’assenza in aula degli imputati: il generale Sabir Tariq; i colonnelli Usham Helmi, Athar Kamel Mohamed Ibrahim; e il maggiore Magdi Ibrahim Abdelal Sharif. Contro di loro la Procura di Roma ha eretto un quadro probatorio fatto di testimonianze e documenti.
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Che, però, necessita di un vaglio in dibattimento. Il quale, a sua volta, rischia uno stop. Come già fatto dal gup in udienza preliminare, infatti, la Corte d’Assise dovrà infatti valutare se la sottrazione degli 007 egiziani dal procedimento sia volontaria o meno. In tal caso, il processo potrà svolgersi in contumacia; altrimenti i giudici potrebbero chiedere una sospensione.
In udienza preliminare, il gup aveva sottolineato come “la copertura mediatica capillare e straordinaria” della morte di Regeni avesse di fatto reso il processo un evento ampiamente noto a tutti. Anche agli imputati, che dunque è inverosimile non ne siano a conoscenza. Inoltre, erano state le stesse autorità egiziane a comunicare le generalità dei loro agenti segreti alla magistratura italiana.
Motivo per cui il gup aveva respinto tutte le eccezioni sollevate dalle difese e contestate dal pm Sergio Colaiocco e dal procuratore capo Michele Prestipino, titolari del fascicolo d’indagine. In aula saranno invece presenti i genitori di Giulio Regeni, Paola e Claudio, rappresentati dall’avvocato Alessandra Ballerini.
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I quali hanno citato come testimoni i quattro presidenti del Consiglio (Matteo Renzi, Paolo Gentiloni, Giuseppe Conte e Mario Draghi) che si sono alternati a Palazzo Chigi dal 2016 a oggi. Ma anche i rispettivi ministri degli Esteri e i sottosegretari con delega ai servizi d’intelligence.
E, come conferma il Corriere, per arrivare a fondo in questa faticosa ricerca della verità, la famiglia Regeni sembra intenzionata a voler sentire le deposizioni del presidente egiziano Abdel Fattah al-Sisi e dei suoi ministri degli Interni.
Che, finora, non hanno però mai realmente collaborato con la magistratura italiana. L’imputazione per gli imputati è di sequestro di persona pluriaggravato; per uno anche di concorso in lesioni personali aggravate e concorso in omicidio aggravato.
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All’udienza di oggi era presente anche Elly Schlein, vicepresidente della Regione Emilia-Romagna. “Siamo venuti per dare solidarietà e vicinanza alla famiglia di Giulio Regeni. Finalmente si apre il processo ai quattro agenti egiziani imputati per il sequestro, le torture e l’omicidio di Regeni. Un passo importante verso la verità e la giustizia che manca anche a causa dei depistaggi posti dal governo egiziano”.
“La Procura di Roma e gli avvocati della parte civile hanno ricordato tutti i depistaggi. Importante che ci sia una costituzione di parte civile da parte del Governo italiano e speriamo che ne consegua un atteggiamento coerente in termini di rapporti politici e commerciali con l’Egitto, che sta facendo di tutto per non far proseguire questo processo – ha concluso –. La mobilitazione del popolo giallo è stata straordinaria e ci ha portato fino a qui”.
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Ad assistere all’avvio del processo c’era infine lo scrittore Erri De Luca. “Agghiacciante la sequenza di minacce, sabotaggi e omertà portate avanti dalle autorità egiziane in questi anni nei confronti dei responsabili dell’omicidio di Regeni”, ha detto all’esterno dell’aula bunker di Rebibbia.
“Oggi pensare che un italiano, dopo aver sentito quello che hanno fatto le autorità egiziane, possa andare a fare una passeggiata in Egitto o anche temerariamente fare solo uno scalo tecnico per proseguire altrove mi sembra una follia – ha aggiunto De Luca –. Ogni italiano dovrebbe evitare di andare in Egitto per legittima difesa. Al-Sisi vuole garantire l’impunità ai suoi assassini in un Paese sotto dittatura. Atto dovuto che il Governo si sia costituito parte civile”.
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