Esistono dei punti in comune tra i casi, al momento irrisolti, di Giulio Regeni e Patrick Zaki. Per individuarli è necessario ricostruire le storie dei due giovani e comprendere cos’ha portato, in un caso, alla morte e, nell’altro, alla detenzione.
La morte di Giulio Regeni
Giulio Regeni era un dottorando dell’Università di Cambridge. Nel 2016 la stesura della tesi lo portò al Cairo, in Egitto, dove svolse delle ricerche sulle associazioni sindacali locali. Scomparve il 25 gennaio 2016 e venne trovato otto giorni dopo in un fosso di una zona della periferia della capitale egiziana, senza vita e con evidenti segni di torture sul corpo (bruciature di sigarette e ferite da taglio). A quattro anni di distanza, la sua morte resta avvolta dal mistero. Secondo il pm Sergio Colaiocco, Giulio Regeni potrebbe essere stato erroneamente classificato come un “agente straniero” da alcuni membri dei servizi segreti egiziani. “Elemento scatenante della loro attenzione è stato il finanziamento della Antipode Foundation con cui Giulio voleva aiutare i sindacati indipendenti degli ambulanti del Cairo”, ha spiegato il Pm.
La detenzione di Patrick Zaki
Patrick Zaki è uno studente e attivista egiziano iscritto al master Gemma dell’Università di Bologna. Il 7 febbraio 2020 è stato arrestato dagli agenti dei servizi segreti egiziani. L’accusa, piuttosto seria, è quella di aver tentato di rovesciare il regime di Abdel Fattah al-Sisi. Dietro all’arresto, secondo i media egiziani, ci sarebbero anche gli studi sui Gender studies svolti all’Università di Bologna e la stesura di una tesi sull’omosessualità. Wael Ghally, uno degli avvocati di Zaki, ha dichiarato che il giovane è stato bendato, torturato e interrogato per 30 ore. L’obiettivo dei suoi aguzzini? Ottenere informazioni sui suoi legami con l’Italia e con la famiglia di Giulio Regeni. Il legale ha aggiunto che Zaki non aveva alcuna informazione utile su questi argomenti.
Il 19 gennaio, i giudici egiziani hanno esteso per altri 15 giorni la detenzione di Patrick Zaki, che ormai si protrae da quasi un anno.
I rapporti tra l’Italia e l’Egitto
I casi di Giulio Regeni e di Patrick Zaki hanno creato delle crepe all’intero dei rapporti esistenti tra l’Italia e l’Egitto, soprattutto a livello morale. Nel report del Gruppo di Lavoro della Universal Periodic Review, infatti, si legge che l’Italia ha inviato l’Egitto ad apportare dei cambiamenti nella salvaguardia dei diritti umani. Nel documento, come prevedibile, non manca un riferimento al caso di Giulio Regeni. È necessario “aumentare gli sforzi per prevenire e combattere tutte le forme di tortura e maltrattamento, assicurando che i responsabili vengano individuati, anche nel caso di coloro che hanno portato alla morte di Giulio Regeni“. L’Italia ha anche sottolineato la necessità di una “moratoria sulla pena di morte” e sulla “adozione di misure per garantire la libertà di espressione, sia online che offline, liberà di assicurazione e assemblea, pluralismo politico e stato di diritto”.
I rapporti economici
Dal punto di vista economico, invece, i due Paesi continuano a essere “sulla stessa pagina”. A giugno 2020, il governo italiano ha dato il via libera a una maxi commessa da circa 10 miliardi di euro per la fornitura di armamenti al Cairo, comprendente due fregate Fremm (“Spartaco Schergat” ed “Emilio Bianchi”), altre 4 navi, 20 pattugliatori d’altura di Fincantieri, 24 caccia Eurofighter Typhoon e 20 velivoli da addestramento M346 di Leonardo.