Ergastolo richiesto per Alessandro Impagnatiello, accusato dell’omicidio di Giulia Tramontano e del figlio Thiago
Alessandro Impagnatiello è accusato dell’omicidio di Giulia Tramontano, la sua compagna incinta di sette mesi, e della conseguente interruzione della gravidanza. La procura di Milano, attraverso la procuratrice aggiunta Letizia Mannella, ha richiesto per l’imputato una condanna all’ergastolo con isolamento diurno per 18 mesi.
Durante la requisitoria, Mannella ha presentato un quadro dettagliato delle aggravanti, fra cui la premeditazione, la crudeltà e i futili motivi, nonché il legame di convivenza che vincolava la vittima e l’accusato. Questi elementi rafforzano la richiesta di condanna massima, considerata proporzionata a un crimine di tale brutalità.
La pubblica accusa ha dichiarato che “non ci sono dubbi sulla premeditazione”. Questo punto è stato ritenuto fondamentale per superare le iniziali perplessità del gip, sorte subito dopo l’arresto. Impagnatiello avrebbe inizialmente pianificato di usare un veleno per topi, per poi cambiare metodo e ricorrere a un coltello, con il quale ha inferto ben 37 coltellate a Giulia, 11 delle quali dirette verso organi vitali.
Questo cambio di strumento, secondo l’accusa, conferma l’intenzione omicidiaria e sottolinea una freddezza assoluta nel compiere il gesto. Il delitto, aggravato dalla convivenza con la vittima, dai motivi futili e dalla crudeltà, risulta quindi aggravato anche dal desiderio dell’imputato di “far scomparire Giulia e il suo bambino”, ponendo fine alla vita della compagna e del figlio in arrivo.
Letizia Mannella ha inoltre messo in luce come Impagnatiello abbia cercato di passare da carnefice a vittima, tentando di inscenare un allontanamento volontario da parte di Giulia. Secondo la procuratrice, il comportamento manipolatorio e l’indole bugiarda dell’imputato emergono con forza in questo caso.
La procura di Milano ha sottolineato che non ci sono basi per concedere alcuna attenuante generica, poiché non esiste un solo aspetto positivo o redimente nella sua condotta. Durante tutto il procedimento, l’imputato non ha mai mostrato compassione per Giulia, per la sua famiglia o per il loro figlio.
La pm Alessia Menegazzo, durante la requisitoria, ha definito l’omicidio di Giulia e Thiago come un vero e proprio “viaggio nell’orrore”, enfatizzando la gravità del crimine e le prove certe raccolte durante il processo. Il procedimento, ha specificato Menegazzo, ha fornito elementi concreti e “incontrovertibili” per confermare la responsabilità di Impagnatiello.
Secondo l’accusa, la “condanna a morte” di Giulia è stata firmata nel momento in cui ha rivelato all’imputato la sua gravidanza. La pm ha spiegato che il dibattimento si è basato su prove effettive e non su semplici indizi, grazie anche alla perizia ordinata dalla Corte d’Assise e alle numerose testimonianze che hanno contribuito a delineare un quadro chiaro e completo della vicenda.
Impagnatiello avrebbe ammesso le proprie responsabilità soltanto quando le prove raccolte erano ormai schiaccianti, senza però mostrare pentimento o sincera ammissione di colpa. La confessione non è stata spontanea, bensì una reazione all’impossibilità di continuare a mentire di fronte alla pressione delle evidenze. Questo aspetto ha aggiunto ulteriore gravità alle accuse, poiché dimostra un’intenzione chiara di occultare la verità fino all’ultimo.
La pm Menegazzo ha descritto Impagnatiello come una persona con un “narcisismo mortale”, sostenendo che l’imputato avesse pianificato per mesi di “eliminare Giulia e Thiago”, visti come ostacoli per una nuova vita con l’amante. La lucidità e il controllo con cui ha portato avanti il crimine sono indicatori di una personalità fredda, senza segni di “raptus o blackout”, ma piuttosto governata da una “rabbia fredda” mirata a simulare un suicidio.
Gli psichiatri coinvolti nel processo hanno evidenziato come Impagnatiello sia un manipolatore psicopatico, privo di empatia e rimorso. La sua freddezza calcolatrice emerge dai dettagli del crimine e dal modo in cui ha costruito una complessa rete di menzogne.
Nel corso della requisitoria, la pm Menegazzo ha ricordato il “castello di bugie” costruito dall’imputato per nascondere le sue azioni. Impagnatiello ha mentito sistematicamente, anche nella denuncia fatta ai carabinieri per la presunta scomparsa di Giulia, utilizzando il telefono della vittima dopo la sua morte e raccontando che Giulia avrebbe iniziato a farsi del male, versione smentita dall’autopsia.
Inoltre, ha nascosto l’esistenza di luoghi chiave come il garage, per impedire che i dettagli del crimine emergessero troppo presto. Le bugie che ha raccontato sono state un tentativo disperato di depistare le indagini e di crearsi un alibi.
Davanti all’accumularsi delle prove, Impagnatiello ha continuato a mantenere una posizione difensiva e manipolatoria, raccontando una versione dei fatti che è stata in seguito smontata pezzo per pezzo dalle testimonianze e dalle perizie. La pm ha descritto l’imputato come un “giocatore di scacchi”, abile nel cambiare la propria strategia il giorno del delitto, il 27 maggio 2023, mantenendo però intatta la sua risoluzione omicidiaria.
Subito dopo l’omicidio, Impagnatiello si è recato sotto casa dell’amante e collega, insistendo nel volerla incontrare nonostante il rifiuto della donna di aprire la porta. Questo episodio, descritto dalla pm, dimostra quanto l’imputato fosse determinato a proseguire con il proprio piano, utilizzando ogni situazione a suo vantaggio per manipolare la realtà dei fatti.
La sua ostinazione a negare che il figlio in grembo di Giulia fosse suo, mentre cercava di far passare la compagna come una persona con “gravi problemi psichici”, evidenzia il suo tentativo di manipolare la percezione degli altri anche dopo aver commesso l’omicidio.
Nel giorno della requisitoria, la madre di Giulia, Loredana Femiano, ha ricordato la figlia con un messaggio toccante pubblicato sui social: “Cara Giulia, non è più tempo di orrore, di bugie, di egoismo e cattiveria. Chiunque ti abbia incontrato, conserva di te un dolce ricordo, un segno indelebile nella sua anima”. Anche la sorella, Chiara Tramontano, ha voluto commemorare Giulia, affermando che “non c’è giorno in cui non ci manchi. Il tuo ricordo è la nostra forza, la tua assenza il nostro silenzio più profondo. Sei parte di noi, oggi e per sempre”.
Queste parole, unite alla richiesta della pubblica accusa di ergastolo senza attenuanti, sottolineano l’intensità emotiva e il dolore della famiglia per la perdita di Giulia e di Thiago. La procura ha chiesto il massimo della pena come atto di giustizia per un crimine che ha scosso profondamente l’opinione pubblica e lasciato un’impronta indelebile nella memoria collettiva.
Il caso di Alessandro Impagnatiello ha sollevato questioni gravi di premeditazione, manipolazione e mancanza di rimorso. L’insieme delle accuse e delle prove dipinge un quadro inquietante di un crimine freddo e calcolato, senza possibilità di attenuanti. La richiesta di condanna all’ergastolo con isolamento diurno per 18 mesi rappresenta l’intenzione della procura di ottenere la pena massima, ritenuta giustificata per un delitto considerato crudele e immotivato.
La vicenda di Giulia e Thiago rimarrà una ferita profonda per chi l’ha vissuta e per coloro che hanno assistito all’orrore di una tragedia familiare trasformata in una vicenda giudiziaria dall’esito apparentemente inevitabile.
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