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“Da bambino volevo fare il poliziotto. Poi, da ragazzo, scoppiò la guerra e mi aggregarono all’aviazione”. Inizia così l’emozionante (ed emozionata) testimonianza di Michelangelo Onigi, che dall’alto dei suoi 100 anni compiuti pochi giorni fa ricorda, nel Giorno della Memoria, la cattura da parte dei tedeschi e il periodo trascorso nel campo di lavoro di Buchenwald, uno dei teatri di quello che è stato uno dei capitoli più vergognosi della storia dell’umanità. La testimonianza di Michelangelo è preziosa, non soltanto nel contesto del 27 gennaio, per ricordare terribili crimini che hanno segnato la vita di milioni di persone.
Nato a Ceccano (Frosinone) il 16 gennaio 1921, Michelangelo Onigi partì all’età di 19 anni per il fronte greco in fanteria, come soldato semplice. “Dopo l’8 settembre io e altri commilitoni fummo catturati dai tedeschi al Pireo – racconta -. Ci portarono a Buchenwald, a lavorare i campi e scavare i fossi anticarro, per rallentare la corsa dei carri armati russi che avanzavano”.
Il periodo di prigionia ha lasciato cicatrici profonde in Michelangelo: “Durante un trasferimento, con noi c’era un bambino che piangeva perché delle granate russe avevano tolto la vita ai suoi genitori. Lo presi in braccio, riuscii persino a calmarlo. Un episodio che non dimenticherò mai”.
L’aspetto che più ha segnato quel periodo resta la ferocia delle SS: “Volevano arruolare per la guerra i ragazzi, anche di 14 anni – racconta il veterano di guerra -. Ne ricordo tre che si rifiutarono: furono impiccati, e i loro corpi restarono appesi per tre giorni”.
La liberazione da parte dell’esercito sovietico avvenne nell’aprile 1945. “Non ce ne rendemmo quasi conto – spiega Michelangelo -. Una mattina, al nostro risveglio, semplicemente trovammo i russi invece dei tedeschi. Ci concessero dieci giorni di ‘carta bianca’ prima di consegnarci agli americani. Questi, a loro volta, ci diedero agli inglesi. Rientrai in Italia fra settembre e ottobre del 1945″.
Dopo il rientro a casa, Michelangelo si arruolò nel 1946 nel Corpo delle guardie di pubblica sicurezza. Dopo alcuni incarichi fu trasferito a Orvieto, dove rimase fino al 1979, anno in cui andò in pensione. Nel 2014, in occasione delle celebrazioni per la Festa della Repubblica alla prefettura di Terni, ha ricevuto la medaglia d’onore insieme ad altri ex deportati nei campi nazisti.
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