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CRONACA

Giancarlo Siani, chi era e perché nessuno dovrebbe applaudire per la sua morte

L’increscioso episodio avvenuto durante la proiezione del film Fortpasc ha sollevato diverse polemiche. Ma chi era il cronista de Il Mattino ucciso nel settembre del 1985?

Durante la proiezione del film Fortapasc in una scuola di Napoli, l’assassinio del cronista Giancarlo Siani, interpretato dal compianto Libero De Rienzo, è stato salutato con gli applausi di alcuni studenti, un episodio che ha da subito sollevato diverse polemiche. A partire dal ministro dell’Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara, che sottolinea come “la gravità del gesto di applaudire all’efferato assassinio camorristico del giornalista Giancarlo Siani, come è avvenuto a Napoli durante la proiezione del film Fortapasc da parte di alcuni studenti, mi sconcerta e mi preoccupa. Oggi stesso intendo quindi agire per fare piena luce sull’accaduto. ‘La scuola è e deve essere il primo presidio di legalità”, ha continuato il ministro, “è e deve essere una comunità, per definizione, antitetica a qualsiasi mentalità che rievochi quella mafiosa o addirittura plauda ad essa”.

Giancarlo Siani | Ansa – newsby.it

Paolo Siani: “Andremo in quella scuola a raccontare a quei ragazzi chi era Giancarlo”

A difendere gli studenti però è intervenuta una delle professoresse che seguivano i ragazzi durante la proiezione del film, che ha spiegato ai media come i ragazzi hanno applaudito anche in altre scende della proiezione, e che questo fosse un segno di emotività di fronte a scene molto forti e toccanti. Una giustificazione che però non ha convinto molti, soprattutto il fratello di Giancarlo, Paolo Siani, deputato del Partito democratico, che ha raccontato: “Andremo in quella scuola ad incontrare quei ragazzi, a raccontare loro chi era Giancarlo e quanto sia importante scegliere da che parte stare”.

“È necessario continuare a raccontare le mafie dalla parte delle vittime, perché spesso i giovani conoscono i nomi dei boss ma non degli innocenti uccisi. Bisogna capovolgere la prospettiva del racconto: quando è morto Raffaele Cutolo andava letto anche l’elenco delle persone che aveva ucciso”, ha dichiarato ancora il fratello del giornalista ucciso dalla mafia il 23 settembre 1985.

“Ora Giancarlo rivivrà in questa sala stampa per tanti anni ancora e da qui continuerà a parlare, lo immagino seduto qui tra questi banchi, come decano dei giornalisti della zona”, ha detto ancora il fratello Paolo partecipando alla riapertura della sala stampa dedicata al cronista. La sala stampa è stata riaperta a Palazzo Farnese, sede del Comune di Castellammare di Stabia, la cui amministrazione è tuttora commissariata.

Chi era Giancarlo Siani

Giancarlo Siani era un giovane giornalista italiano coraggioso e determinato, nato a Napoli nel 1959. Lavorava per il quotidiano “Il Mattino” e si dedicava principalmente al reportage investigativo sulle attività criminali della camorra. La sua determinazione nel denunciare le pratiche illecite della criminalità organizzata lo portò a essere minacciato più volte. Il 23 settembre 1985, all’età di soli 26 anni, Siani fu tragicamente assassinato dalla camorra. Il suo omicidio suscitò profonda indignazione e portò l’attenzione dell’opinione pubblica italiana sulla gravità del fenomeno mafioso nel Paese, contribuendo a rafforzare la lotta contro la criminalità organizzata. La sua memoria continua a essere onorata come simbolo di coraggio e impegno giornalistico.

La morte

Il giornalista venne ucciso la sera del 23 settembre 1985 sotto la sua abitazione in via Vincenzo Romaniello, presso il quartiere Arenella di Napoli. Siani sedeva a bordo della sua Citroën Méhari verde quando due sicari, a volto scoperto, gli spararono dieci colpi alla testa con due pistole Beretta calibro 7,65, prima di darsi alla fuga in moto. Per l’omicidio il 15 aprile 1997 vennero condannati all’ergastolo i fratelli Lorenzo e Angelo Nuvoletta, oltre a Luigi Baccante, considerati i mandanti, mentre Ciro Cappuccio e Armando Del Core furono giudicati gli autori materiali.

Andrea Zoccolan

Nato a Milano nel 1990, mi sono occupato per circa dieci anni di giornalismo e comunicazione in ambito sportivo, per poi passare alla cronaca. Innamorato delle inquadrature di Yorgos Lanthimos, dei libri di Emmanuel Carrère e delle geometrie di Thiago Motta, la mia vera debolezza resta la cucina cinese.

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