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“La storia inizia in Repubblica Centrafricana, quando ho incontrato le due bambine a cinque giorni di vita con nessuna possibilità di salvarsi. Ho deciso di farle venire in Italia per vedere se fosse possibile fare qualcosa”. Inizia così il racconto di Mariella Enoc, presidente dell’ospedale pediatrico ‘Bambino Gesù’ di Roma, a proposito delle due gemelline siamesi centrafricane unite per la testa e separate a seguito di un complesso intervento chirurgico, preceduto da tre interventi preparatori ugualmente molto difficili.
“Non avremmo accettato di sacrificare una delle due gemelline, i medici avevano garantito fin da subito che entrambe avrebbero avuto le stesse chance di continuare a vivere – continua la presidente del ‘Bambino Gesù’ -. Attraverso questo lungo percorso ora sono due bimbe che sgambettano nei loro lettini e hanno compiuto 2 anni il 29 giugno. Potranno crescere come tutti gli altri bambini”.
Il grande lavoro per salvare le due giovanissimi vite è costato un pesante sacrificio economico alla struttura ospedaliera fondata dalla Santa Sede. La presidente racconta, in tal senso: “Tutto questo ha bisogno di tanta solidarietà, l’ospedale non è in grado di sostenere tutti i costi. Tutto il percorso, che unisce ricerca e solidarietà, è costato un milione di euro, con rendicontazione verificabile. Si tratta di una cifra grandissima: qualcuno potrebbe anche avere da obiettare, ma quando si incontra un malato è difficile girarsi dall’altra parte. Poi, l’esperienza servirà per curare altri casi simili: la media è di un caso come questo ogni due milioni”.
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Ermine, la mamma di Ervina e Prefina, è il volto della felicità: “Le bambine stanno bene. Vorrei che le battezzasse Papa Francesco. Non vedo l’ora di prenderle in braccio, l’ho fatto solo per il loro secondo compleanno”.
A confermare la complessità dell’operazione, rassicurando al contempo sul decorso post-operatorio, è il responsabile di Neurochirurgia del ‘Bambino Gesù’, il dottor Carlo Efisio Marras: “Si tratta di una malformazione cranica complessa e rara. Le due bambine condividevano un’estesa porzione del circolo venoso che consentiva al sangue di arrivare al cuore. Il percorso ha coinvolto un numero enorme di specialisti. L’obiettivo è stato raggiunto attraverso vari interventi, che hanno permesso di far adattare il circolo venoso”.
“Le strutture cerebrali delle due bambine sono intatte, con una previsione di qualità di vita ideale per entrambe – ha aggiunto lo specialista -. Loro non potevano mai vedersi, per questo prima dell’operazione abbiamo utilizzato degli specchi per farle iniziare a conoscere. Comunque è quasi come se non avessero risentito della separazione”.
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