Funivia Mottarone, confermato l’utilizzo del forchettone

Nel carcere di Verbania sono iniziati gli interrogatori dei tre uomini fermati mercoledì scorso per l’incidente della funivia di Stresa-Mottarone. 14 persone hanno perso la vita in seguito al crollo della struttura. Il primo a essere ascoltato è Gabriele Tadini, il caposervizio dell’impianto, difeso dal legale Marcello Perillo. L’uomo ha confermato di aver messo il ceppo blocca freno, e di averlo fatto altre volte. “Non sono un deliquente. Non avrei mai fatto salire persone sulla funivia se avessi pensato che la fune si spezzasse” ha detto Gabriele Tadini, secondo quanto riferito dal suo avvocato.

“Ha risposto in maniera compiuta a diverse domande del giudice, è stato un interrogatorio profondo. Ha confermato le sue responsabilità e ha amesso di aver messo il ‘forchettone’ sulla cabina numero 3″. Questo è quanto riferito dall’avvocato Perillo al termine dell’interrogatorio. E ha aggiunto: “È distrutto. Sono quattro giorni che non mangia e non dorme. Il peso di questa cosa se lo porterà per tutta la vita”

Già martedì sera l’uomo aveva ammesso di essere stato lui a prendere la decisione di piazzare e mantenere i forchettoni sulle ganasce che hanno disattivato il sistema frenante d’emergenza, che non è scattato quando il cavo traente si è spezzato. Quest’azione, che nel corso dell’ultimo mese era diventata abituale, è stata compiuta per evitare blocchi della cabinovia dovuti alle anomalie dei freni. È per questo che, quando la fune si è spezzata, la cabina numero 3 non è rimasta agganciata al cavo portante ed è volata via.

Le parole del direttore e del gestore della funivia Stresa-Mottarone

“Non salire mai su una funivia con ganasce. Quella di usare i forchettoni è stata una scelta scellerata di Tadini“. A dirlo al gip del tribunale di Verbania Enrico Perocchi, direttore di esercizio della funivia del Mottarone, secondo quanto riferito dal suo legale, l’avvocato Andrea Da Prato.

Anche Lugi Nerini, gestore della funivia, ha detto di essere a conoscenza di un malfunzionamento dei freni, ma di non occuparsi di sicurezza. “L’esercente non si occupa di sicurezza. Nerini sapere che esisteva un malfunzionamento dei freni, ma nin si è occupato del problem perché qualcun altro lo faceva”. A dirlo l’avvocato del gestore della funivia, Pasquale Pantano.

Le richieste della procura

Il procuratore Olimpia Bossi e il pm Laura Carrara, presenti agli interrogatori, hanno chiesto per tutti gli indagati la convalida del fermo e della custodia in carcere. Per loro la scelta di Tadini, come da lui stesso chiarito, sarebbe stata avallata per motivi economici dal gestore della funivia Luigi Nerini (difeso dall’avvocato Pasquale Pantano) e dal direttore di esercizio Enrico Perocchio (rappresentato da Andrea Da Prato).

I pm credono a Tadini perché sarebbe “illogico” pensare che un dipendente compia una scelta così pericolosa. Mentre Nerini, per gli inquirenti, è “operativamente e quotidianamente coinvolto nelle operazioni di funzionamento“. Inoltre, avrebbe un interessere a forzare le procedure di sicurezza per evitare di perdere ancora incassi dopo l’ultimo anno.

Infine, secondo la procura, anche Perocchio “era assolutamente consapevole delle anomalie che il sistema frenante presentava da tempo”.

Attesa la decisione del gip al termine degli interrogatori

In seguito agli interrogatori, il gip Donatella Banci Buonamici prenderà una decisione sulla convalida del fermo e sull’eventuale misura cautelare. La procura ritiene che nel caso in questione ci siano tutte le esigenze cautelari: pericolo di fuga, di reiterazione del reato e di inquinamento probatorio. All’esterno del carcere è presente una persona intenta a manifestare con un cartello con su scritto “se colpevoli, ergastolo”.

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