Tra le varie conseguenze della crisi climatica in corso (e di lunghi mesi caratterizzati da pochissima pioggia in Italia), il nostro Paese rischia di dover fronteggiare una nuova emergenza. Si tratta della siccità, che riguarda in particolare il fiume Po ma non solo. Il rischio è addirittura quello di una crisi idrica nazionale, su cui è opportuno fare i necessari approfondimenti.
A lanciare l’allarme è stato nelle scorse ore l’Osservatorio sugli utilizzi idrici del fiume Po, in una riunione cui hanno preso parte anche autorità locali, Regioni e Protezione civile. “Il fabbisogno di acqua è alto, ma la disponibilità in esaurimento. Siamo all’interno di una crisi mai vista in 70 anni“, è ciò che è emerso. Ma quali sono le conseguenze di questa scarsità di acqua? Passiamole in rassegna una per una.
Ciò che la riunione ha voluto evidenziare, innanzitutto, sono le cause che hanno condotto a questa situazione. Oltre alla già denunciata emergenza piogge, infatti, la media delle temperature è già troppo alta (con picchi superiori ai 40 gradi). E le scarse precipitazioni di tutto l’anno hanno già fatto esaurire le nevi dal cui scioglimento sarebbero arrivate acque importantissime per il fiume Po.
Il fatto che il principale corso d’acqua italiano presenti una secca mai vista in 70 anni, però, non causa solo evidentissimi danni ambientali. Tra i settori maggiormente colpiti dalla situazione, inevitabilmente, spicca l’agricoltura. “I danni ammontano a un miliardo di euro. La minaccia riguarda il 30% dell’intera produzione nazionale“, ha evidenziato Coldiretti. Trema però anche il settore idroelettrico. Un fiume Po così secco rischia di non fornire l’acqua utile all’industria per raffreddare le centrali, ma anche quella necessaria alla cittadinanza. E questo comporta il rischio che, in un vicino futuro, alcuni Comuni potrebbero sospendere l’erogazione notturna dell’acqua. Qualcosa che, in tali territori, non ha precedenti.
Un altro enorme problema, invece, deriva da un aspetto geologico. Lo ha evidenziato l’Osservatorio ANBI sulle risorse idriche italiane, secondo cui le acque del fiume Po stanno diventando sempre più salate (in particolare all’altezza delle sue foci a delta). Anche questo fenomeno deriva dalla trasformazione del clima della Pianura Padana, sempre più tropicale. Il livello delle acque fluviali è sempre più basso, mentre quello del mare si alza. Quindi l’Adriatico si sta “mangiando” il fiume, con le sue acque che risalgono verso quelle dolci più di quanto facessero in passato. E non di poco, visto che si parla di ben 15 km. Tutto questo sale, però, a propria volta impedisce l’utilizzo dell’acqua per l’agricoltura (con le colture che rischiano di “bruciarsi”).
La situazione, insomma, è estremamente grave. E, soprattutto, non accenna a migliorarsi. “Già ora lo scenario è molto critico. Ma ad esso si aggiunge la previsione di mancanza di piogge e il persistere di alte temperature sopra la media“, sottolinea l’Osservatorio. E la “sete” di cui soffre il fiume Po rischia di tramutarsi ben presto nella sete di buona parte del Paese.
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