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Marco Cappato, tesoriere dell’associazione Luca Coscioni, è entrato stamani nella caserma dei carabinieri di piazza della Stazione a Firenze, per autodenunciarsi per il reato di aiuto al suicidio dopo aver supportato Massimiliano, un 44enne di San Vincenzo (Livorno) malato di sclerosi multipla, a raggiungere la Svizzera per poter porre fine alle sue sofferenze tramite suicidio mediamente assistito. Insieme a Cappato si è presentata in caserma Filomena Gallo, avvocata e segretario dell’associazione con Felicetta Maltese, attivista della campagna Eutanasia Legale, e la giornalista Chiara Lalli. Le due donne hanno accompagnato l’uomo in una clinica in Svizzera.
“Massimiliano era un uomo di 44 anni, con una patologia irreversibile, nella piena capacità di autodeterminarsi. Ma per lo Stato italiano, poiché privo del trattamento di sostegno vitale, non poteva accedere al suicidio mediamente assistito in Italia, così come fece Federico Carboni lo scorso giugno, grazie alla sentenza della Corte Costituzionale. Essere privo di quel requisito, l’ha costretto ad andare in Svizzera“, ha spiegato Gallo, per poi sottolineare: “In questo momento nel nostro Paese ci sono malati che vedono affermata la propria volontà nel fine vita e altri malati, come Massimiliano, che devono attendere di peggiorare per poter procedere con il suicidio assistito in Italia o arrivano alla scelta di andare all’estero“.
“L’associazione Luca Coscioni continuerà nella propria azione affinché ci sia una buona legge nel nostro Paese, che eviti discriminazione tra malati. Ma, al contempo l’azione di disobbedienza civile continuerà così come preannunciato nel 2015“, ha aggiunto Gallo.
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Parlando di Massimiliano, Gallo ha raccontato che “era amato, aveva una famiglia che lo sosteneva, che ha condiviso la sua scelta. Sono stati vicino al figlio fino alla fine. Massimiliano non poteva guidare, quindi qualcuno doveva accompagnarlo in Svizzera. C’è stato il ruolo delle volontarie, di Marco Cappato che è intervenuto sulle spese, in quanto Massimiliano non poteva permetterselo. Non era in abbandono affettivo né terapeutico, con continuità di assistenza. Ha sempre ricevuto cure“.
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Maltese ha aggiunto che in Svizzera “c’erano le sorelle che sono stato vicine a Massimiliano. In due giorni ha ricevuto tutto quello che poteva desiderare di aver vicino, affetto, solidarietà, rispetto soprattutto. Siamo partiti martedì. È stato tutto un susseguirsi di giornate frenetiche. Siamo tornati ieri. Massimiliano era determinato. Gli abbiamo anche detto che lo avremmo portato a casa se avesse cambiato idea, lui ha detto no grazie“.
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“Lo Stato italiano la smetta di girare la testa dall’altra parte“, ha dichiarato Cappato. “Lo faccia subito. I casi ci sono, andranno avanti, ma per una persona che è nelle condizioni economiche e di salute di raggiungere l’esilio, condannato alla morte volontaria in Svizzera. Ce ne sono mille inchiodati al loro letto che non possono permetterselo. Massimiliano mi ha contattato quest’estate perché non poteva farcela più. Ha voluto lasciare una testimonianza“.
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