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Sensibilizzare le autorità politiche perché si rimetta la cultura al centro della discussione: è questo l’obiettivo dei circa sessanta artisti e lavoratori dello spettacolo che hanno manifestato in Piazza San Giovanni, a Roma, con i loro ‘attrezzi’ del mestiere come libri, sceneggiature, burattini, metri, copioni e biciclette. Il tutto accompagnato dalle note di una musica improvvisata da Enrico Melozzi. “Ho suonato alla memoria di Ezio Bosso che in questo momento sarebbe stato con noi – ha dichiarato l’artista –, la sua anima era qui con noi. Ci ha lasciato sempre in lotta per la libertà della musica. Il Maestro Bosso non ha mai smesso di ricordare cose che possono sembrare banali ma sono importanti: che la cultura è alla base del nostro Paese”.
“Non è che il governo non abbia fatto abbastanza – ha aggiunto Melozzi –. Si è però perso nei tecnicismi. Per risolvere una crisi di questa portata non occorrono tecnici, servono visionari. Non c’è alcun artista nelle task force del governo, non siamo proprio considerati. Bisogna rimettere l’arte al centro della vita politica del Paese, non lasciarla ai margini. Se l’Italia è diventata importante lo ha fatto anche grazie a grandi personalità come Michelangelo, Rossini, Paganini, Raffaello, Leonardo. Non ci ricorderemo mai i nomi dei politici ma quelli degli artisti sì”.
Il regista Roberto Andolfi del Collettivo artistico Spin Off, organizzatore della manifestazione, ha spiegato l’obiettivo: “L’evento si chiama ‘Prima messa in scena’, in riferimento all’apertura delle chiese, è una provocazione per rimettere al centro la cultura nella vita del nostro Paese. Non ci interessa che i teatri riaprano domani se la riapertura graverà sulle spalle di artisti e tecnici”.
Andolfi invita l’esecutivo a prendere decisioni che considerino il mondo dell’arte nella sua interezza, bocciando una delle proposte fatte dal ministro per i Beni e le Attività Culturali, Dario Franceschini: “Ha pensato di fare una diretta video per presentare delle proposte, ha parlato di un ‘Netflix della cultura’ – ha detto il regista –. A noi, però, una proposta del genere non interessa perché un servizio simile avvantaggerà quattro, cinque grandi teatri nazionali che prenderanno il 90% dei soldi a dispetto delle tante piccole realtà che ogni giorno lavorano sul territorio di tutto il Paese e coprono le mancanze dei governi da oltre trent’anni”.
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