Dpcm, la quiete prima della tempesta: l’amarezza nei bar alle 18

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La quiete prima della tempesta. Si è consumata nel pomeriggio di lunedì, alle 18, qualche ora prima delle complicatissime ore della guerriglia urbana che ha turbato diverse città italiane con le proteste contro il nuovo Dpcm. A partire dalla “Milano da bere“, che si è spenta prima di esplodere nel corso della serata.

Dpcm, la grande amarezza da Milano a Roma

Pochissime persone in giro, complice anche la pioggia, con bar e ristoranti che hanno abbassato le serrande alle 18 come vuole il nuovo Dpcm a seguito dell’impennata dei contagi da Coronavirus. Dal centro storico al quartiere di Brera la situazione non cambia. I gestori dei locali ritirano sedie e tavolini.

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Situazione analoga anche a Roma, dove la chiusura anticipata alle 18 di bar e ristoranti, imposta dal Dpcm, ha scatenato polemiche e generato nuove paure. “Sono molto arrabbiata, perché secondo me non è giusto far chiudere i locali alle 18. Se vuoi fare delle restrizioni, ben venga. Ma alle 18 mi sembra un po’ troppo presto“, si sfoga Bruna, proprietaria di uno dei bar più noti del quartiere Pigneto.

“Piccoli miglioramenti solo a luglio”

La ristoratrice racconta i mesi complicatissimi della sua attività in questi mesi: “Noi abbiamo riaperto in perdita, poi c’è stato un piccolo miglioramento verso luglio. In agosto di nuovo zero, a settembre qualcosa si è visto. Però ogni volta che esce un Dpcm nuovo o gira qualche notizia, già la gente non la vedi più“.

E addirittura le avvisaglie si erano già viste prima ancora dell’ultimo Dpcm: “Un’enorme differenza l’abbiamo vista già durante la scorsa settimana. C’è stato un calo assurdo. Noi sapevamo che ci sarebbero state molte difficoltà e molti problemi, però non pensavamo di tornare di nuovo così. Pensavamo che ogni giorno sarebbe stato sempre un passo in più verso il meglio“.

Dpcm, dove si sta andando? “Chiuderanno ancora tutto”

Ciò che Bruna si aspetta sono nuovi Dpcm che, con il trascorrere del tempo, impongano un lockdown totale: “Così pensiamo che un passo alla volta ci faranno di nuovo chiudere del tutto. Ci stanno portando piano piano alla chiusura totale. Noi abbiamo bisogno ora degli indennizzi, non tra sei mesi o un anno. Perché quello che dobbiamo pagare, lo dobbiamo pagare. E anche per lo stipendio dei miei collaboratori, potrebbero esserci delle difficoltà“.

Bruna, che ha quattro persone a libro paga, pensa anche ai suoi dipendenti e si sente in difficoltà nei loro confronti: “Ma loro vedono la situazione e l’hanno capita. E pur di non perdere il lavoro hanno accettato di prendere quello che posso dare loro. Il 24 novembre è lontano, è un mese lunghissimo. Già oggi io noto la differenza, perché anche al pomeriggio non viene più nessuno. Non so se riusciremo a sfangarla stavolta“. Quindi, come previsto dal Dpcm, abbassa la saracinesca. Ancora non consapevole della guerriglia pronta a esplodere nelle ore successive.

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