Quasi mezzo secolo dopo l’approvazione della legge 194, che descrive le norme sull’interruzione volontaria della gravidanza, le donne scendono ancora una volta in piazza per sollecitare le nuove linee guida sull’aborto e per chiedere più fondi per i consultori e contraccettivi gratuiti.
Dopo Perugia e Roma, la rete italiana contraccezione e aborto pro-choice si è data appuntamento alle ore 11.00 del 2 luglio sotto la sede del ministero della Salute, per “sollecitare le istituzioni preposte a prendere provvedimenti per tutelare e garantire i diritti sessuali e riproduttivi”.
Donne in piazza: “Nessun tipo di contraccettivo è gratuito”
“Garantire l’accesso all’aborto farmacologico e alla contraccezione significa garantire l’accesso ai diritti e alla salute sessuale e riproduttiva e, allo stesso tempo, combattere le disuguaglianze e le discriminazioni sociali, economiche e geografiche a cui le donne sono spesso soggette”. Questo è il messaggio lanciato dalle manifestanti, che sottolineano “il disinteresse dei governi per la prevenzione e la medicina territoriale” e denunciano il fatto che la contraccezione sia completamente a carico dei cittadini.
“Il comitato per la contraccezione gratuita e consapevole ha raccolto 80mila firme su un documento che propone soluzioni concrete in linea con l’Organizzazione mondiale della sanità per superare l’arretratezza dell’Italia su questo fronte”, sottolinea la rete italiana contraccezione e aborto pro-choice.
Umbria vieta aborto farmacologico in day hospital
Tutto è partito dalla manifestazione svoltasi il 21 giugno nel centro di Perugia, contro la modifica da parte della Regione della delibera sull’aborto farmacologico, che non potrà più avvenire in day hospital, ma solo con un ricovero di tre giorni in ospedale.
“La legge è ancora sotto attacco. Siamo un paese che evidentemente non ha ancora digerito, metabolizzato la 194 sull’interruzione di gravidanza, e così alla prima occasione si cerca di rimettere tutto in discussione”, ha commentato negli scorsi giorni la sottosegreteria alla Salute Sandra Zampa. Dello stesso parare è anche il ministro Roberto Speranza che intende interpellare il Consiglio superiore della Sanità per elaborare in tempi brevi nuove linee guida nazionali, affinché l’aborto farmacologico possa essere fatto in day hospital.