La chiusura dell’indagine per epidemia colposa portata avanti dalla Procura di Bergamo ha messo in luce alcuni problemi che all’inizio del 2020 non hanno reso possibile affrontare in modo efficace l’emergenza Covid. Tra questi è possibile elencare il piano pandemico non aggiornato e la mancata zona rossa ad Alzano e Nembro. Gli indagati sono ben 17, tra i quali è possibile citare l’ex premier Giuseppe Conte, il presidente della Regione Lombardia Attilio Fontana, il presidente dell’Consiglio Superiore di Sanità Silvio Brusaferro e l’ex ministro della Salute Roberto Speranza. Quest’ultimo, nel corso di una recente udienza con i pm di Bergamo, ha affermato che “la bussola l’abbiamo sempre avuta e ci portava a difendere innanzitutto la salute delle persone, ma ciò che ci mancava era il manuale di istruzione su come fronteggiare un virus sconosciuto”.
Anche nel caso di un’altra inchiesta, quella relativa alla casa di riposo di Milano Pio Albergo Trivulzio, è stata evidenziata la difficoltà a prendere delle misure contro un virus di cui, all’epoca, si sapeva ben poco.
Al termine dell’udienza per l’incidente probatorio sui morti di Covid-19 nella Rsa milanese, l’infettivologo Massimo Galli, consulente della difesa assieme al virologo Fabrizio Pregliasco, ha dichiarato che “dopo aver esaminato i dati che sono stati messi a disposizione e ricordando molto bene cosa è stato vissuto nella prima fase della pandemia, è difficile rilevare comportamenti che possano aver condizionato l’esito dei fatti. Parliamo di un periodo in cui non c’erano terapie se non quelle supportive, non c’era recettività negli ospedali, né diagnostica disponibile per una struttura come il Trivulzio, per cui non si poteva dire chi aveva il Covid e chi no e in cui ci si doveva arrangiare con quello che si aveva”.
Pur esprimendo il massimo rispetto per le persone che hanno perso la vita all’inizio della pandemia e i loro cari, Galli ha dichiarato di ritenere ingiusto “attribuire la causa del proprio dolore nei comportamenti di qualcuno quando in questi comportamenti non possiamo rilevare particolari elementi di negligenza o colpa”.
Proprio come Galli, anche Pregliasco pensa che in una situazione difficile come quella vissuta all’inizio della pandemia fosse difficile fare di più. “Ritengo che sia stato fatto tutto il possibile, alla luce di una situazione emergenziale in un contesto dove non c’era la possibilità di ricoveri ospedalieri, non c’erano test né terapia”.
Il virologo ha sottolineato che è stato fatto il possibile in assenza di mezzi per individuare i pazienti positivi e senza alcuna conoscenza del ruolo degli asintomatici nel contagio.
Pur ritenendo utile “un percorso giudiziario”, anche per “onorare la memoria delle persone che sono mancate”, il virologo eviterebbe di attuare “una caccia alle streghe”, perché crede che al Pio Albergo Trivulzio “tutto il personale abbia fatto il possibile nei limiti della capacità umana”.
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