Sull’Italia è in arrivo una ‘ventata’ di zona gialla. Molte Regioni, infatti, guardano a venerdì 29 gennaio, per sapere quale sarà il responso sulle fasce di colore, ufficializzato con una nuova ordinanza del Ministro della Salute, Roberto Speranza. Il numero dei nuovi contagi, rispetto alle settimane passate diminuisce, cala quello dei ricoveri, si allenta sia pure leggermente la pressione sui reparti di terapia intensiva. Quindi, a, meno di sorprese col nuovo report, da domenica la cartina del Paese non sarà più a prevalenza arancione.
Delle 14 regioni attualmente in area arancione, diverse dovrebbero scendere nella classifica del livello di rischio, passando, per l’appunto nella zona gialla. L’ufficialità si avrà solo con l’arrivo dei dati e i calcoli e le valutazioni della Cabina di regia, ma tra i presidenti di Regione, che già conoscono i numeri delle regioni che presiedono, più d’uno spera nel cambio di fascia. È il caso di Luca Zaia, del Veneto: l’indice Rt è a circa 0.62. Ma non solo. Potrebbero scendere nell’area più bassa di rischio anche Abruzzo, Calabria, Lazio, Liguria e Piemonte. Tenendo conto che in zona gialla ci sono già Toscana, Campania, Basilicata, Molise, Provincia autonoma di Trento. Con quest’ultima a rischio arancione.
Anche la Sicilia, che ha fatto registrare una riduzione molto netta nel numero dei nuovi contagi e dalla zona rossa, dove si trova adesso, potrebbe scendere in quella arancione. Sei, invece, le regioni con tassi di occupazione delle terapie intensive oltre il limite: Friuli Venezia Giulia (37%), Lombardia (33%), Marche (31%), Provincia Autonoma di Trento (40%), Puglia (39%), Umbria (38%). Un segnale preciso per tecnici e scienziati: significa che la circolazione del virus nel Paese è ancora elevata.
E poi c’è da tenere presente l’incognita legata alle varianti. È di stamattina la notizia della nascita di un Consorzio tra Ministero della Salute e Istituto Superiore di Sanità per affrontare la questione, potenziando l’attività di sequenziamento, finora scarsa e portata avanti a macchia di leopardo eppure fondamentale per individuare le mutazioni del virus. Insomma, ben vengano i passaggi di fascia in ragione di numeri meno emergenziali, ma l’allerta deve restare alta.
Inoltre c’è sempre la variabile ‘terza ondata’. “Il timore di tutti, considerando che la nostra campagna vaccinale sta procedendo a rilento e tenendo presenti i numeri che il contagio fa registrare in Europa, è che la terza ondata possa arrivare tra febbraio e marzo”, dice Enrico Coscioni. Primario cardiochirurgo, componente della Cabina di regia, è il presidente dell’Agenas; l’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali che valuta l’efficienza dei sistemi regionali. “Per questo dobbiamo continuare a rispettare le restrizioni e le regole anti-contagio”.
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