Covid: “L’inferno dei vivi”. Il Natale a Codogno, prima Zona Rossa d’Italia

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“Quando muore una persona l’inferno comincia per chi sopravvive”. È questa la citazione di Baudelaire che una volontaria di Codogno ci regala accompagnandoci metaforicamente nel Natale della prima Zona Rossa d’Italia. Un periodo di festa per tutti nel resto del Paese ma non qui, a Codogno e nei paesi limitrofi dove il Covid, prima di qualunque altro posto, ha iniziato a circolare e a mietere vittime. Del resto è proprio in questo Comune in provincia di Lodi dove tutto è purtroppo cominciato. La sera del 20 febbraio 2020, infatti, venne ufficialmente accertato nel Pronto Soccorso di Codogno il ‘paziente uno’. Mattia Maestri, un manager 38enne amante dello sport, fu il primo italiano, accertato nel nostro Paese, affetto da Coronavirus.

Il racconto del sindaco di Codogno sulla prima ondata di Covid

“Sicuramente è il momento più drammatico è stata la zona rossa da fine febbraio fino al 18 maggio”, dice il sindaco di Codogno, Francesco Passerini. “Abbiamo contato 224 decessi: un numero incredibile. Per il lasso temporale e per una comunità di 16mila abitanti. Una comunità che è stata travolta da un meteorite, ma che non ha mai mollato e che si è stretta dandosi forza”.

“Il giorno in cui scoppiò il tutto, io mi sono chiesto: ‘Cosa dico alla mia gente? È un castigo di Dio questo?'”. Sono le parole di monsignor Gabriele Bernardelli, parroco di Castiglione d’Adda (ma nato a Codogno), che ha quasi paura a pronunciare il termine ‘virus’: “Cerco di essere sempre delicato. Perché questo nome spaventa. E spaventa ancora”, spiega Bernardelli. “Una persona anziana mi diceva: ‘Io ho vissuto il tempo della guerra, ma non è stata come adesso’. Perché questo virus non si vede e la paura è una paura diffusa di fronte a qualcosa che non è percepibile, se non quando ti ha sistemato per le feste”.

Le drammatiche testimonianze dei sopravvissuti

E se in Italia il dibattito rimane bloccato su quante persone ospitare in casa durante i giorni di festa, qui si conteranno le migliaia di sedie vuote a tavola e le chiamate dei genitori che non arriveranno più. E le parole dei sopravvissuti sono drammatiche testimonianze di ferite che inevitabilmente si riapriranno. Quello che rimane dopo lo tsunami è una comunità dilaniata ma che resiste e che accoglie, come si legge dalla scritta che campeggia sulle luminarie natalizie in centro città: “Benvenuti a Codogno”.

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