Durante il primo Consiglio dei Ministri il governo Meloni ha tracciato delle discontinuità importanti con gli esecutivi che l’hanno preceduto. Sul piano della pandemia di Covid è stata anticipata dal 31 dicembre al primo novembre 2022 la scadenza dell’obbligo vaccinale per il personale esercente le professioni sanitarie, per i lavoratori impiegati in strutture residenziali, socio-assistenziali e socio-sanitarie e per il personale delle strutture che effettuano attività sanitarie e sociosanitarie. Inoltre, “con specifico riguardo alla categoria degli esercenti le professioni sanitarie, si elimina la misura della sospensione dall’esercizio della professione, al fine di contrastare la grave carenza di personale sanitario che si registra sul territorio”. I medici no vax, quindi, possono tornare in corsia dopo una lunga assenza.
L’obbligo di mascherine negli ospedali, nelle Rsa e negli ambulatori, invece, è stato prorogato fino al 31 dicembre di quest’anno.
La decisione del governo è stata accolta con entusiasmo da chi negli ultimi anni non ha mai nascosto la propri avversione nei confronti dei vaccini. È stata criticata, invece, da buona parte del mondo della sanità e da alcuni esponenti dell’opposizione. È il caso, per esempio, di Vincenzo De Luca, il presidente della Regione Campania. “Sarebbe una violenza contro i più deboli costringerli a essere curati da questi professionisti”, ha osservato.
Dal canto suo, Orazio Schillaci, il ministro della Salute, ha difeso la scelta, reputandola utile “per contrastare la carenza che si registra e garantire l’effettività del diritto alla salute come sancito dalla Costituzione”. Questa dichiarazione sembra però non tener conto del numero ridotto di medici e infermieri sospesi perché contrari al vaccino.
I medici interessati dal provvedimento sono meno di 4.000 su circa 450mila, una cifra tutt’altro che elevata. Tra di loro appena 1.200 sono dipendenti del sistema sanitario (su un totale di 240mila). A questi si aggiungono 600 medici di famiglia e 2.600 infermieri su circa 450mila. Per Filippo Anelli, il presidente della Federazione degli ordini dei medici (FNOMCeO) il rientro anticipato del personale no vax “non ha nessuna rilevanza dal punto di vista degli organici. Ci aspettiamo ben altri provvedimenti dal governo”. Parlando del reintegro dei medici e degli infermieri no vax nelle strutture dove ci sono persone a rischio, Anelli ha spiegato che alcune Regioni, tra cui la Puglia, prevedono che “chi non ha fatto il vaccino non possa lavorare in certi reparti. Saranno i direttori regionali a decidere a che lavoro adibirli”.
Fabrizio Pregliasco, il direttore sanitario dell’IRCCS Istituto Ortopedico Galeazzi di Milano, ha dichiarato di avere qualche dubbio sulla capacità dei medici no vax “di eseguire la ricerca scientifica. Gli farei fare un corso tipo quelli che si fanno quando perdi la patente. Gli farei seguire lezioni di immunologia e vaccinazione, così almeno scoprirebbero le indicazioni della scienza”.
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