Coronavirus, riapertura Chiese: Cei contraria alle scelte del Governo

Con l’inizio della Fase Due l’Italia riparte, almeno in parte, ma le Chiese restano chiuse.
Il nuovo Dpcm con le nuove misure per la graduale uscita dal lockdown, annunciato nella serata di domenica 26 aprile dal premier Conte, “parla” chiaro in merito alle severe restrizioni che riguarderanno le cerimonie liturgiche: “Sono sospese le cerimonie civili e religiose; sono consentite le cerimonie funebri con l’esclusiva partecipazione di congiunti e, comunque, fino a un massimo di quindici persone, con funzione da svolgersi preferibilmente all’aperto, indossando protezioni delle vie respiratorie e rispettando rigorosamente la distanza di sicurezza interpersonale di almeno un metro”.
Il divieto di celebrare la messa con i fedeli, confermato anche durante la fase due della pandemia di coronavirus, non è stato accolto con favore della Conferenza episcopale italiana (Cei), che dopo l’ok della Segreteria di Stato vaticana ha diramato un durissimo comunicato stampa rivolto al Governo italiano.

Coronavirus, no alle messe: Dura la presa di posizione del Cei

I vescovi italiani non possono accettare di vedere compromesso l’esercizio della libertà di culto. Dovrebbe essere chiaro a tutti che l’impegno al servizio verso i poveri, così significativo in questa emergenza, nasce da una fede che deve potersi nutrire alle sue sorgenti, in particolare la vita sacramentale”, si legge nella nota diffusa dalla Cei. “Alla presidenza del Consiglio e al Comitato tecnico-scientifico si richiama il dovere di distinguere tra la loro responsabilità, dare indicazioni precise di carattere sanitario, e quella della Chiesa, chiamata a organizzare la vita della comunità cristiana, nel rispetto delle misure disposte, ma nella pienezza della propria autonomia”. Una presa di posizione prevedibile quella della Conferenza episcopale italiana, che dopo aver accettato e condiviso, seppur per un periodo di tempo limitato, le scelte adottate dal Governo a inizio pandemia, nell’ultima settimana, con il rallentare della curva dei contagi e i primi segnali dell’allentamento dell’emergenza, ha cominciato a chiedere la ripresa della cerimonie religiose e delle funzioni liturgiche.

Coronavirus e Chiese chiuse: il commento del Papa: “Questa non è chiesa”

Lo stesso Papa Francesco, il 17 aprile nell’omelia in streaming da Santa Marta, dopo aver dato il “buon esempio” durante la settimana di Pasqua, ha acceso il dibattito in merito alla necessità della riapertura delle chiese alle messe con i fedeli. “Così non è Chiesa”, ha asserito il pontefice, aggiungendo che “è un pericolo” celebrare la messa senza popolo. “È vero che in questo momento dobbiamo fare questa familiarità con il Signore in questo modo, ma per uscire dal tunnel, non per rimanerci. Non si può “viralizzare” la Chiesa, i sacramenti, il popolo”.

La risposta del Governo: allo studio nuove misure per consentire libertà di culto

Non si è fatta attendere la controreplica del Governo, dopo la ricezione del comunicato diramato dalla Cei. “La presidenza del Consiglio prende atto della comunicazione della Cei e conferma quanto già anticipato in conferenza stampa dal presidente Conte. Già nei prossimi giorni si studierà un protocollo che consenta quanto prima la partecipazione dei fedeli alle celebrazioni liturgiche in condizioni di massima sicurezza”, si legge in una nota diffusa da Palazzo Chigi. “Sono allo studio del Governo nuove misure per consentire il più ampio esercizio della libertà di culto”.
La pozione della Chiesa, tuttavia, non trova il favore degli esperti che ribadiscono l’alto rischio di contagio associato alle cerimonie liturgiche. “Durante le cerimonie religiose c’è il rischio assembramento e su questo fattore di rischio sono state prese le scelte del Governo per la fase 2. Ogni riapertura è a rischio e va valutata attentamente”, ha dichiarato Luca Richeldi, primario di Pneumologia della Fondazione Policlinico Gemelli Irccs di Roma, in un’intervista ad Adnkronos.

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