Fine dell’incubo Coronavirus o quasi a Nerola: dalle prime ore del 14 aprile, infatti, il comune laziale è ufficialmente ex zona rossa. Passata la mezzanotte, sono infatti iniziati i lavori di smantellamento dei check point dell’esercito e delle forze dell’ordine presenti dallo scorso 25 marzo.
“Siamo al check 3, stiamo aspettando le ore 24 per smobilitare“.
Così Alberto Del Sordo, comandante della Polizia Locale Unione Sabina Romana, che coordina il ritorno alla normalità del comune di Nerola, dichiarato zona rossa lo scorso 25 marzo.
“Al check point uno, sulla principale strada che porta a Nerola, Polizia, Carabinieri, Esercito, polizia locale e Protezione Civile si preparano a lasciare il posto di blocco. I vigili rimuovono la segnaletica e la carovana di mezzi militari si allontana. Intanto ad un altro blocco la protezione Civile è impegnata a prelevare le barriere Jersey“, ha spiegato.
Era il 25 marzo quando la sindaca di Nerola, Sabina Granieri, ricevette la chiamata di Regione Lazio e Prefettura, già mobilitatesi per istituire la “zona rossa” nel comune da lei governato: “Ho vissuto momenti di panico” ha raccontato il primo cittadino in un’intervista a newsby.
Da lì checkpoint all’ingresso del paese, affinchè le entrate e le uscite dei mezzi fossero monitorate e filtrate. Ma non solo, anche test a tappeto sulla popolazione così da capire le caratteristiche del virus e le modalità di contagio all’interno del borgo laziale. Troppi, infatti, i casi registrati in rapporto al numero di abitanti, con un focolaio partito dalla casa di riposo Maria Santissima Immacolata.
Nerola è così divenuta “la provetta d’Italia”, con tre test distinti: tampone classico, “pic” al dito e test seriologico. La quarantena rispettata dai suoi abitanti ha poi fatto il resto, facendo crollare l’indice dei cittadini positivi al Covid-19 e permettendo alle forze dell’ordine di riaprire il grazioso borgo a circa un’ora di distanza dalla Capitale.
Nonostante Nerola non sia più “zona rossa”, proseguono i tamponi sulla popolazione nell’ottica di incamerare quante più informazioni possibili sul comportamento del Coronavirus anche dopo la negativizzazione dei casi.
“È andato tutto bene, è tutto sotto controllo”. Così le assistenti della casa di riposo Maria Immacolata di Nerola sfuggono alle domande, dopo aver effettuato il terzo tampone a seguito del focolaio che il 25 marzo ha portato alla chiusura dell’intero paesino di 1980 abitanti.
“Si, sono assistente nella casa di riposo. Abbiamo avuto tanta paura, per tutti per la famiglia”, così Silvia che lavora da 11 anni nell’istituto per anziani, che ha ospitato fino a una 60ina di persone prima dello scoppio del focolaio. “Non ci bastavano i guanti e le mascherine. Non ci bastava niente”, spiega Silvia, di orgini romene. “Quella sera quando sono tornata a casa, mi figlia aveva lasciato dei disegni. Aveva tanta paura, piangeva di continuo”, racconta.
“Speriamo di riaprire presto, anche per gli ospiti, spostarli da una parte all’altra non è facile”, è la sua speranza. “Dall’11 del mese scorso che sto male, tutt’ora sto male“, dice con la voce tremante e descrive i suoi sintomi “tosse, mal di gola, a volte respiro anche male”. Il primo tampone era positivo, il secondo negativo, “speriamo nel terzo”.
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