“Mi sento abbandonata, anche dal dibattito”. È questa la motivazione principale che ha spinto Francesca Fiore e Sara Malnerich, sui social conosciute come Mammadimerda, a fare una denuncia in piena emergenza Coronavirus: “Abbiamo lanciato una campagna per raccogliere il malcontento che ci stava arrivando addosso – raccontano – perché abbiamo cominciato a ricevere diversi messaggi nella comunità Mammadimerda, che ha oltre 50mila follower. Improvvisamente, con la chiusura delle scuole, i bambini a casa, la didattica a distanza e il lavoro spesso da portare avanti da remoto, ci siamo sentite travolte. Siamo arrivate al punto che avevamo bisogno di veicolare questo nostro malcontento. Abbiamo lanciato quindi una campagna, con l’hashtag #noncistiamo, chiedendo alle nostre follower di pubblicare una loro foto e indirizzare le loro domande, non avendo interlocutori da parte del Governo”.
Gli ostacoli ancora maggiori che le famiglie dovranno affrontare non sono poche. Le ideatrici del blog Mammadimerda spiegano le difficoltà che si vivranno anche nella Fase Due dell’emergenza Coronavirus. “Nel momento in cui si è parlato di Fase Due i dubbi più evidenti sono venuti subito fuori. Quando si comincia a parlare di ripartenza delle attività economiche, immaginiamo che i genitori debbano andare a lavorare. Ma se le scuole sono chiuse e coi nonni fuori combattimento, esattamente chi si prende cura dei bambini? Questa è esattamente la nostra domanda: chi pensa ai bambini? Sia quando andiamo a lavorare sia all’interno delle discussioni del Governo”.
E raccontano: “Giusto in questi giorni, per esempio, la ministra delle Pari Opportunità, Elena Bonetti, ha cominciato a rilasciare delle dichiarazioni in merito. La ministra dell’Istruzione, Lucia Azzolina, all’inizio ha dato delle indicazioni in merito all’apertura e chiusura delle scuole e la didattica a distanza, ma poi questi discorsi sono scomparsi dal dibattito pubblico. Qualcuno ci dovrà dire come organizzarci”. “Tantissime donne – concludono – ci hanno scritto che non vedono una soluzione diversa dal licenziarsi e rimanere a casa con i figli. In un Paese in cui già la condizione del lavoro femminile è quella che conosciamo tutti. Questo significa fare un passo indietro di 50 anni. Bisogna prendere delle decisioni a monte. Non pensiamoci a settembre”.
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