Con i 32.961 nuovi contagi registrati nelle ultime ventiquattr’ore, l’Italia ha ufficialmente superato il milione di casi di coronavirus, secondo i dati diffusi dalle autorità sanitarie nazionali. Per l’esattezza, il bollettino quotidiano del Ministero della Salute conferma che il numero di casi di contagio ufficialmente registrati fino all’11 novembre è di 1.028.424. Il dato comprende anche il numero dei decessi, 42.953 (623 registrati oggi) e dei guariti, 372.113.
Nelle ultime ventiquattr’ore, inoltre, i medici hanno effettuato 225.640 tamponi, circa 8mila in più rispetto a quanto riportato ieri dal bollettino ufficiale. Il rapporto tra nuovi positivi e test effettuati è del 14,6%. Una leggera flessione rispetto al dato di martedì, che vedeva una percentuale pari al 16,1%.
Preoccupa inoltre la pressione sui reparti di rianimazione degli ospedali italiani. Attualmente ci sono 3.081 pazienti ricoverati in terapia intensiva per l’aggravarsi dei sintomi, 110 in più rispetto a ieri. Medici e infermieri sono estremamente preoccupati, vedendo avvicinarsi il triste ‘record’ di ricoveri dello scorso 3 aprile, quando nei reparti di terapia intensiva di tutt’Italia erano ricoverate 4.068 persone.
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Nella cosiddetta area rossa il livello di saturazione degli ospedali è assai preoccupante. A confermarlo è anche Davide Galimberti, sindaco di Varese: “Sicuramente i dati evidenziano che quanto accaduto nelle province di Bergamo, Brescia, Cremona e Lodi sta avvenendo nelle altre, Milano, Varese, Como e Monza. Quell’esperienza deve essere applicata per evitare Alzano e altre situazioni”.
“Varese evidenzia una situazione molto critica di tutta l’area, una situazione preoccupante che ha un carico sugli ospedali significativa – ha aggiunto Galimberti -. Quello da fare è cercare di alleggerire il sistema ospedaliero, oggi siamo concentrati in esclusiva sul Covid ma bisogna cercare di curare anche le altre patologie“.
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Dall’ospedale Careggi di Firenze, capoluogo della Toscana passata dall’area gialla a quella arancione, il direttore del pronto soccorso Stefano Grifoni ha spiegato: “In pronto soccorso non arriva il caso Covid, arrivano persone sospette che vengono accolte e indirizzate in un percorso e hanno una stanza destinata a loro durante tutto il percorso di revisione della sintomatologia in attesa del tampone. Abbiamo la fortuna di avere una buona organizzazione in Careggi e nell’area fiorentina, un territorio competente che ha tenuto a casa i malati con il supporto delle Usca“.
“Per quanto riguarda la zona arancione, se questa è la disposizione, noi dobbiamo rispettare le regole perché solo attraverso il rispetto delle istituzioni e la fiducia nella scienza, abbiamo possibilità di uscire da questa situazione. Questo virus è un dittatore, ha costretto la nostra libertà” ha poi concluso il dottor Grifoni.
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La situazione nelle zone con più contagi da coronavirus è tornata a far paura, comunque, non solo per a chi vive attualmente nella cosiddetta area rossa, ma anche in Regioni come la Campania, che i parametri indicano per adesso in area gialla. Il coordinamento della centrale operativa del 118 di Napoli lancia l’allarme: “Siamo veramente tanto in affanno. Le richieste sono tantissime e non riusciamo a soddisfarle tutte. Le ambulanze sono poche e le chiamate tantissime”.
“In più – ha aggiunto la responsabile, dottoressa Di Giorgio –, a causa della saturazione degli ospedali, le nostre ambulanze spesso attendono per ore all’esterno dei pronto soccorso e non siamo mai in grado di prevedere una tempistica”.
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Dal canto suo, per provare a reagire contro l’ondata di contagi, la Regione Lazio ha raggiungo un accordo con l’Associazione Italiana Ospedalità Privata (Aiop). Questa metterà a disposizione delle case di cura accreditate per aiutare gli ospedali a gestire sia i pazienti colpiti dal coronavirus sia i non Covid.
“L’accordo prevede che noi prendiamo il DRG e diamo poi all’equipe il 15% proveniente dall’ospedale – ha spiegato Jessica Faroni, presidente di Aiop Lazio -. Questo è possibile perché si tratta di strutture accreditate che hanno letti a disposizione e una capacità produttiva molto più alta rispetto a quello che fanno oggi”.
“Iniziativa da replicare in futuro? Speriamo di no – ha poi dichiarato -. O meglio, speriamo che possa replicarsi questa collaborazione tra pubblico e privato per poter sfruttare al meglio strutture, spazi e personale. Dovremmo imparare proprio da questa emergenza un po’ tutti.”
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