Coronavirus e Fase 2, ristoratori: “Take away non è il nostro lavoro”

Con l’inizio della Fase 2 anche i locali e ristoranti, cui finora era consentita solo la consegna a domicilio, possono tornare a vendere ai clienti che si presentano da loro per il take away. In generale, i gestori dei ristoranti sembrano aver accolto con favore le nuove disposizioni del Governo attive nella seconda fase dell’emergenza coronavirus, nonostante si siano visti costretti a puntare su servizi che prima della pandemia giocavano un ruolo secondario nella loro attività di ristorazione.

Coronavirus, ristoratori milanesi: “Cerchiamo di fare quello che si può”

Il proprietario di un’osteria milanese racconta: “Cerchiamo di fare quello che si può ma non è la stessa cosa. Il take away è una cosa differente rispetto al nostro lavoro”. Un altro commerciante ha aggiunto: “Siamo abituati a creare aggregazione sociale ma in questo periodo con l’asporto ci stanno chiedendo di fare l’esatto opposto di quello che è il nostro lavoro. La gente si affaccia con tanta curiosità e tanta voglia di uscire. I clienti hanno voglia di riprendere i rapporti sociali. Anche solo venire a comprare una bottiglia oggi è un successo”.

Un ristoratore entusiasta per l’aumento degli ordini nella fase due sottolinea: “Da oggi c’è molto movimento. Ci aspettiamo un miglioramento della situazione. La nostra impressione è che le persone seguono bene le indicazioni”. “Ringraziamo di avere avuto la possibilità di fare questo poco che per noi è importante”, confessa un altro commerciante.

Ristoratori romani: “Take away solo per tenere viva l’attività”

Anche nella Capitale il take away è l’unica soluzione percorribile. Il proprietario di un ristorante-pizzeria di Roma racconta: “Oggi si ricomincia con il take away, dopo un lungo periodo di domicilio nella fase uno dell’emergenza coronavirus. Io non ho mai chiuso, abbiamo consegnato direttamente noi“. Un altro ristoratore assicura: “Al giorno abbiamo 15-20 ordinazioni“. Infine le ragioni del proprietario di un ristorante di pesce: “Ci stiamo organizzando per l’asporto. Le grandi società (di delivery, ndr) ci hanno chiesto il 30%, poi c’è l’Iva. Non ci rimane nulla in tasca così. È giusto ripartire per tenere l’attività viva, per allenarsi“.

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